Dalla mostra
"Tazio a Quercianella
Nuvolari a Livorno"
a cura di Luigi Ciompi
Estate 2001
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XVII CIRCUITO DEL MONTENERO – COPPA CIANO (1937)
XV GRAN PREMIO D’ITALIA
Notte cupa, piena di minacce, quella che ha preceduto la gran giornata sportiva livornese. La dolce o ridente Riviera s'era ammantata di plumbee nubi e rabbioso mugghiava il mare, mentre lividi lampi rompevano l’oscurità seguiti dal sordo brontolio del tuono. Sarà proprio domani in questo giorno tanto atteso che la pioggia vorrà fare la sua comparsa? Così, purtroppo, la pensavano i vecchi lupi di mare, che scrutavano sfiduciati il cielo. Ma Eolo magnanime e cavalleresco è intervenuto all’ultimo momento sciogliendo le briglie ai suoi focosi destrieri, che lesti e decisi si sono scagliati contro la spessa nuvolaglia scomponendola, diradandola. E Livorno, se pur scossa da lunghi brividi di freddo, s’è destata quasi chiara per accogliere la folla d’eccezione che dalle più remote contrade accorreva nel suo grembo per assistere alla gran prova.
Treni, battelli, corriere, automobili, financo le umili biciclette rigurgitarono incessantemente infinite teorie di sportivi che si riversarono nelle vie, nello piazze, invadendo i pubblici ritrovi.
Passione comprensibile la loro, perchè questo Gran Premio d’Italia, giunto ormai al suo quindicesimo anno di vita, costituisce l’avvenimento più importante ed avvincente fra quanti si svolgano nel mondo automobilistico.
Tace abbandonato quest’anno l’autodromo di Monza; i bolidi scarlatti d’Alfa e le argentee macchine tedesche hanno scelto per la loro tenzone l’interessante ed accidentato Circuito dell’Ardenza. E’ qui, lungo i viali amenissimi, che gli intrepidi piloti si disputeranno l’onore del primato e l’ambita, ormai storica “Coppa Ciano”.
Quanti saranno stati gli spettatori che hanno gremito i sette chilometri del percorso? Azzardare una cifra non è cosa facile; forse ottantamila, forse centomila. Certo è che le capaci tribune scomparivano per quanto erano stracariche, il rettifilo di Antignano nereggiava di folla, il recinto degli stalli era semi invaso; presi d’assalto erano persino gli alberi non troppo distanti dalla pista ed i campanili di Ardenza e di Antignano, tutte le sporgenze più pericolose che acconsentissero lo spettacolo dei ruggenti bolidi, tesi nello spasimo della velocità. Ognuno cercava con ogni mezzo di conquistare un posticino e con ogni mezzo difendeva la sua conquista. E tale divenne la frenesia della moltitudine che ad un certo momento travolti in vari punti del percorso sbarramenti e cordoni di agenti irruppe come una fiumana sulla pista.
La Principesse di Casa Savoia: Principessa Maria, Principessa Mafalda e Contessa Jolanda, accompagnate dai rispettivi Consorti e dai figli hanno voluto onorare la gara della loro augusta presenza, mentre fra le Autorità spiccano S. E. Costanzo Ciano con la consorte, S. E Galeazzo Ciano e la Contessa Edda con il figlio, la Contessa Magistrati Ciano, il Prof. Zangara in rappresentanza di S. E. Starace, il Conte Bonacossa, l’ing. Furmanik, presidente della C. S. A. I., il Gr. Uff. Magnani direttore generale del R.A.C.I. e tutte le Autorità locali.
Alle 14.35, alle note degli inni nazionali ed accompagnato da entusiastici applausi ha inizio la sfilata. Passano i gagliardetti delle varie sezioni del R.A.C.I poi il rosso plotone dell’Alfa guidato da Nuvolari. Dopo un attimo di silenzio echeggiano i suoni del canto tedesco e sfilano i corridori del Reich. Infine le quindici macchine si allineano per la partenza ed al via le rombanti vetture scattano transitando come razzi innanzi al traguardo.
Ecco l’ordine di allineamento secondo i migliori tempi forniti nelle prove. Si susseguono dunque in fila di tre: Caracciola (Mercedes), Varzi (Auto Union), Rosemeyer (Auto Union); Lang (Mercedes), Stuck (Auto Union), Brauchitsch (Mercedes); Nuvolari (Alfa Romeo); Seaman (Mercedes), Trossi (Alfa Romeo); Muller (Auto Union), Guidotti (Alfa Romeo), Farina (Alfa Romeo); Biondetti (Alfa Romeo), Kautz (Mercedes), Belmondo (Alfa Romeo).
La gara è stata superiore ad ogni elogio, la organizzazione - merito incontrastato dei dirigenti della sezione del R.A.C.I. di Livorno con a capo il comm. Emanuele Tron e Renzo Castagneto l’infaticabile direttore di gara è stata perfetta e curata in ogni dettaglio. Le macchine ed i piloti italiani hanno dovuto soccombere una volta di più sotto la schiacciante superiorità dei tedeschi e Caracciola e Lang, piazzati ai primi posti fin dall’inizio, hanno mantenuto le loro posizioni sino alla fine. La corsa si è risolta quindi in un’apoteosi della grande fabbrica di Stoccarda che ha nettamente dominato anche la sua consorella rivale: l’Auto Union. Giacché se queste macchine si sono imposte per la loro travolgente velocità, si sono dimostrate viceversa inferiori su questo che appartiene ai circuiti accidentati e non velocissimi. Infatti mentre le Mercedes hanno potuto mantenere un ritmo di 3’13”-3’14” per giro senza affaticare minimamente gli organi e senza menomarne l’efficienza, l’Auto Union ha immediatamente o quasi rivelato la sua deficienza principale nei freni mettendo in gravi difficoltà i suoi piloti fin dai primissimi giri
Si può ben dire che questa corsa sia stato vinta con i freni più che con la potenza dei motori e più per la stabilità e la maneggevolezza delle vetture che non per la stabilità in senso assoluto. Nelle curve le Mercedes sembravano ancorate al terreno, anche sotto l’impulso delle fulminee accelerazioni. Sotto questo punto di vista anche le nostre modeste Alfa Romeo, davano maggior affidamento dello Auto Union, che hanno dimostrato chiaramente ormai di essere insuperabili in velocità pura, ma inadatte a circuiti movimentati e ricchi di curve come questo dell’Ardenza.
La corsa può essere sintetizzata in un duello tra Caracciola e Lang che sino all’ultimo istante si sono disperatamente battuti per il primo posto e che pochi metri hanno diviso il traguardo. Nel secondo gruppo Rosemeyer, il giovanissimo e valido pilota dell’Auto Union si è aggiudicato senza sforzo il terzo posto sin dall’inizio, mentre Nuvolari ha cercato compiendo prodezze indescrivibili con ogni sua risorsa, di contrastare il passo ai rivali tedeschi lottando con alternata fortuna per il quarto posto, ma sfiduciato ha ceduto al 31° giro il volante a Farina, ritiratosi fin dai primi giri. Varzi ha compiuto una bella gara, ma senza riuscire mai a superare le posizioni centrali. In complesso quindi, una corsa povera di storia e resa emotiva solo dal duello Caracciola Lang.
Fin dal primo giro è in testa Caracciola incalzato da Varzi, Lang, Rosemeyer, Brauchitsch e Nuvolari.
Al secondo giro Caracciola mantiene il suo posto mentre Lang è passato secondo, entrambi hanno già un lieve vantaggio su Rosemeyer che ha distaccato Brauchitsch, mentre Nuvolari insegue Varzi. Vengono poi Muller, Seamam, Stuck, Farina, Kautz, Trossi, Biondetti, Guidotti e Belmondo.
Al terzo giro Lang è passato in testa seguito da Caracciola, Rosemeyer e gli altri. Lang marcia ad una velocità di 141.236 km. e si mantiene al Primo Posto.
La classifica al 5° giro:
1. Lang in 16’45“;
2. Caracciola in 16’48”;
3. Rosemeyer in 16’50”;
4. Brauchitsch in 16’56’’;
5. Varzi in 17’19”;
6. Nuvolari in 17’20”;
7. Muller in 17’23“1/5;
8. Seaman in 17’25“;
9. Stuck in 17’33“;
10. Krautz in 17’45“;
11. Trossi in 17’59”,
12. Biondetti in 18’9”;
13. Guidotti in 18’10”;
14. Farina in 18’11” e 4/5.
15. Belmondo in 18’51”2/5.
Al 6° giro le posizioni dei primi tre non variano ma Nuvolari si è portato in quarta posizione superando Varzi.
Classifica al 10° giro:
1. Lang in 32’54“ (media km 131.627);
2. Caracciola in 32’57” e 4/5;
3. Rosemeyer in 33’01”4/5;
4. Brauchitsch in 33’11“2/5
5. Nuvolari in 34’ 05” 1/5;
6. Varzi in 34’07“1/5;
7. Muller in 34’08“3/5;
8. Seaman in 39’09“2/5;
9. Stuck in 34’24“2/5;
10. Kautz in 34’45“2/5;
11. Trossi in 35’00”1/5;
12. Guidotti in 35’34”1/5;
13. Biondetti in 35’35”;
14. Belmondo in 37’15”;
15. Farina in 37’18”3/5.
Lang ha abbassato ancora il primato sul giro segnando 3’123 e 1/5 alla media di km 135.196.
Farina si è fermato per la seconda volta, ma più a lungo al rifornimento per difetto di carburazione.
Al termine del 15° giro è Brauchitsch che si forma per cambiare una gomma impiegando 30”.
Farina ripartito dopo una lunghissima sosta deve ritirarsi definitivamente al giro successivo. Stuck a sua volta si ferma per cambiare una gomma ad al 17° giro cede il volante ad Hasse.
Nuvolari che all’11° giro era retroceduto dal 5° all'8°. Posto, al 15° giro riguadagna il 7°, al 17° il 6°, al 19° giro il 5° e poco dopo nel 21° giro, superando Muller, passa al 4° posto. Al 19° giro Rosemeyer sosta per cambiare in 25” ambedue le ruote posteriori.
Al 22° giro è la volta di Nuvolari che si ferma 48” per cambiare il freno posteriore. Al 23° giro Lang arriva con le gomme posteriori senza battistrada e cambia in 28”.
Al 24° giro Caracciola fa una sosta di 38” per cambio delle gomme e rifornimento. Nello stesso giro si fermano per la stessa ragione anche Trossi e Biondetti.
Classifica al 25° giro:
1. Caracciola in 1h.22’49” alla media di km 130.734;
2. Lang 1h.23’05“1/5;
3. Rosemeyer 1h.23’30“2/5;
4. Brauchitsch 1h.23’57“1/5;
5. Muller 1h.24’09”;
6. Seaman 1h.24’12”;
7. Varzi 1h.24’34”;
8. Nuvolari 1h.25’17”;
9. Kautz 1h.25’30“;
10. Biondetti 1h.27’22”.
Anche Belmondo, Varzi e Kautz sostano per rifornirsi e cambiare le gomme.
Il 23° è stato il giro più veloce di Nuvolari in 3’163 e 4/5 alla media di km 132 e 035. Anche Muller si ferma per cambiare la gomme e rifornirsi di carburante.
Al 31° giro Nuvolari ha ceduto il volante a Farina.
Classifica al 30° giro:
1. Caracciola in 1h.33’25”1/5 alla media di km 130.703;
2. Lang 1h.39’26“;
3. Rosemeyer 1h.39’57”;
4. Brauchitsch 1h.40’18“;
5. Muller 1h.41’30”;
6. Nuvolari 1h.42’8”;
7. Seaman 1h.42’19“;
8. Varzi 1h.42’31“;
9. Kautz 1h.43’22“;
10. Trossi1h.45’36”;
11. Biondetti 1h.45’41”;
12. Hasse 1h.47’42’’.
13. Belmondo 1h.51’ 3/5.
Al 33° giro Caracciola e Lang hanno segnato il nuovo record sul giro in 3’11”1/5 alla media di km. 135.903.
Intanto Guidotti prima e Brauchitsch al 36° giro si ritirano, mentre Biondetti si ferma nuovamente al rifornimento.
Classifica al 40 giro:
1. Caracciola in 2h.11’47” alla media di km. 131.452,
2. Lang 2h.11’48“;
3. Rosemeyer 2h.13’;
4. Muller in 2h.15’3/5;
5. Seaman 2h.15’31”;
6. Varzi 2h.16’ e 25”4/5:
7. Kautz 2h.16’55“2/5;
8. Farina in 2h.17’01”2/5;
9. Trossi 2h.22’26”4/5;
10. Hasse 2h.22’30’’2/5;
11. Belmondo 2h.27’40”3/5.
Al 40° giro si ritira Biondetti, seguito poco dopo da Kautz, Lang al 40° giro si forma 10” per fare benzina.
Classifica al 45° giro:
1. Caracciola in 2h.28’11” alla media di km. 131.510;
2. Lang 2h.28’14“4/5;
3. Rosemeyer 2h.29’37”1/5,
4. Seaman 2h.31’48”4/5;
5. Muller 2h.32’54”2/5;
6. Varzi 2h.32’54”2/5;
7. Farina 2h.33’57”1/5;
8. Trossi 2h.39’27”;
9. Hasse 2h.41’4/5.
Mentre Caracciola compie il giro d’onore ha gli applausi del pubblico, sul più alto pennone del circuito viene issata la bandiera germanica e le musiche intonano gli inni tedeschi ed italiani.
Il vincitore, attorniato dai meccanici e dagli esperti della Mercedes, accorsi per portarlo in trionfo, viene accompagnato nella tribuna d’onore dove riceve i rallegramenti dello LL. EE. Ciano e delle Autorità presenti.
A 2/5 dal campione di Germania si è classificato Lang. Rosemeyer è giunto ad 1’25”2/5 dal primo arrivato. Al quarto posto troviamo l’inglese Seaman, al quinto Muller.
LA CLASSIFICA
1. Caracciola Rodolfo (Mercedes), che impiega a percorrere i cinquanta giri del circuito, pari a km 360.900 2h.44’54”2/5, alla media di chilometri 131.310.
2. Lang Hermanno (Mercedes), in 2h.44’54”4/5, alla media di Km. 131.305.
3. Rosemeyer Bernardo (AutoUnion),in 2h.46’19”4/5, km/h 130.186;
4. Seaman (Mercedes) in 2h.45’20”4/5 (fermato al 49° giro);
5. Muller (AutoUnion), in 2h.45’40” (giri 49);
6. Varzi Achille (Auto Union), in 2h.46’15”2/5 (giri 49);
7. Nuvolari Farina (Alfa Romeo), in 2h.47’38”2/5 (giri 49);
8. Trossi (Alfa Romeo), in 2h.46’15”3/5 (giri 47);
9. Stuck Hasse (Auto Union), in 2h.46’39”2/5 (giri 47);
10.Belmondo, (Alfa Romeo), in 2h.45’50”4/5 (giri 45).Giro più veloce il trentatreesimo di Caracciola e Lang in 3’11”1/5 alla media di km. 135.903.
Ritirati: Farina al 13°giro; Guidotti al 24° giro; Brauchitsch al 36° giro; Biondetti al 38° giro; Kautz al 43° giro.
Scendono ormai sempre più veloci la ombre della sera e la quiete ritorna ad aleggiare sul meraviglioso circuito.
(Da “R.A.C.I.” Settimanale Dell’Automobil Club Italiano 1937)
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XVII CIRCUITO DEL MONTENERO – COPPA CIANO (1937)
Il Gran Premio d’Italia a Livorno
Non piovve, a Livorno. O tutt’al più piovve metaforicamente sull’inguaribile ottimismo dei tifosi, accorsi con la speranza del miracolo, con la prospettiva del brivido.
Mai corsa fu più piana, regolare, simmetrica, fedele al pronostico, prosaica. Il brivido fu largamente distribuito agli spettatori delle tribune, ma soltanto dal libeccio che soffiò impetuoso e gelido tutto il pomeriggio del 12 settembre, con un clima invernale per Livorno. Ma la strada rimase asciutta, e quella caratteristica attitudine delle nostre Alfa e dei nostri campioni, di tenere la strada sul bagnato e di destreggiarsi a meraviglia quando gli altri sbandano, piroettano, rallentano, si sfibrano, non ebbe occasione di manifestarsi. Asciutto come il nostro bilancio, rimase il percorso, contro la speranzella della vigilia che, tra il giubilo degli alfisti e la tremarella degli organizzatori, prometteva acqua a sazietà. E così i tedeschi poterono sferrare una delle più belle offensive della loro carriera sportiva, e discutere in famiglia la questione della decisiva superiorità tra Mercedes ed Auto-Union, infischiandosi come di quantità trascurabile della presenza delle nostre macchine.
E’escluso che, anche se avesse piovuto, anche se il percorso fosse stato più accidentato, tortuoso e difficile di quello che era (e che già non scherzava sotto questo riguardo) il miracolo di una vittoria italiana potesse compiersi. La situazione era ben conosciuta, anche se il pubblico faceva mostra di non accorgersene e continuava a sperare. Ma almeno si sarebbe potuto attenuare il distacco, impegnare un po’più seriamente gli avversari, sgretolare la compattezza dei loro arrivi in gruppo, figurare con qualche macchina nelle posizioni d’onore. Questo poteva essere il programma massimo. Non è colpa di alcuno se abbiamo dovuto accontentarci del programma minimo.
Il quale programma minimo è stato realizzato col seguente bilancio: sei Alfa Romeo partite, di cui cinque “ufficiali” ed una isolata dell'indipendente Belmondo, e tre arrivate, ivi compresa quest’ultima, rispettivamente al 7°, 8° e 10° posto, su quindici partiti e dieci arrivati. Bilancio misero, a osservarlo con occhio puramente statistico, bilancio soddisfacente, a ragionarci su: in ogni caso pienamente regolare.
L’Alfa ha corso, ad eccezione dell’esperimento Guidotti, con le vecchie vetture dello scorso anno, che già erano state giudicate a loro tempo nel confronto delle tedesche. Così giudicate, che proprio per tentare di colmare il radicale, deciso, profondo svantaggio emerso a luce meridiana a danno delle nostre, la Casa milanese aveva impostato la nuova 12 cilindri 1937. Che quest’ultimo tentativo sia fallito, è un’altra questione, che non può ascriversi al passivo del Gran Premio d’Italia livornese: l’insuccesso già era stato scontato, sanzionato e proclamato anche troppo a Pescara, e nessuno poteva illudersi in buona fede che in meno di un mese la situazione potesse migliorare apprezzabilmente. Dunque è per lo meno inopportuno e di scarso buon gusto seguitare a considerare il G.P. d’Italia come una nuova tappa, un nuovo importante e decisivo episodio di una pretesa rivalità industriale italo tedesca.
L’Alfa, in realtà, da Livorno era assente, come si sapeva da almeno una settimana, quando aveva deciso di lasciare in gara, delle nuove 12 cilindri, una sola affidata al modesto Guidotti, sensibile tecnico e abile guidatore, ma non evidentemente investito di altro incarico se non quello di effettuare, come collaudatore della Casa, per l’appunto un collaudo e non una esibizione. Se quest’ultima decisione sia stata più o meno felice; se più opportuno non fosse stato giungere al ritiro completo e trasferire altrove gli esperimenti, questo potrebbe discutersi, ma se mai si tratterebbe di un errore tattico, non mai di un errore tecnico o di un tentativo fallito. Come esperimento tecnico, anzi, la nuova Alfa disse alcune cose interessanti, così in prova come in gara: si rivelò buona camminatrice, e confermò che i primitivi difetti di stabilità e di tenuta di strada erano stati in gran parte superati. Non poteva avere in programma di finire la gara, e non è a stupirsi che, raccolte le osservazioni che premeva raccogliere, si sia ritirata.
Dunque a Livorno non correva l’Italia contro i tedeschi: correvano i signori Nuvolari, Farina, Trossi, Biondetti e Belmondo, sapendo benissimo che le loro vecchie Alfa, già nettamente inferiori alle Mercedes e alle Auto-Union nelle corse dell'anno passato, tanto più erano distaccate quest’anno, dopo i nuovi progressi realizzati dal tedeschi. Nessuno di loro poteva sperare in un piazzamento migliore. Non s’intendano le nostre parole in significato formale: non pretendiamo di attribuire agli uomini della Ferrari la veste di corridori indipendenti, ostinati nel volersi togliere un personale capriccio sportivo. Ma anche sotto l’etichetta ufficiale, il loro gesto non muta : abbandonata in partenza l'idea di intaccare la stradecisa superiorità delle vetture tedesche, il contegno degli alfisti rientra nel semplice quadro di un atto, cavalleresco verso gli ospiti, necessario verso gli organizzatori, gentile verso il pubblico, mantenuto in un ambito rigorosamente sportivo, senza nulla d’industriale. Che avreste detto d’un Gran Premio d’Italia riservato alla Mercedes e all’Auto-Union? Eppure l’interesse sostanziale della corsa sarebbe stato esattamente identico: ma le parole grosse sarebbero corse per le gazzette. Ai nostri stessi leali e valorosi avversari di campo dovevamo questo nostro atto di presenza, perché la collana delle loro meritate vittorie nell’anno in corso avesse il previsto suggello.
Esaminato sotto questo aspetto, diciamo, di ordinaria amministrazione (altro è saper incassare le batoste, altro è farci il callo: a evitare quest’ultimo, tutti d’accordo che bisognerà provvedere radicalmente per la stagione ventura) il comportamento delle singole Alfa in gara si manifesta perfettamente normale. L’alta percentuale di ritirati nella squadra ufficiale, si spiega facilmente col treno di marcia imposto dalla Mercedes, superiore alle possibilità limite dei nostri. Solo con autentici prodigi di acrobazia in curva, Nuvolari poté mantenersi per qualche giro nel gruppetto degli avversari di secondo piano, spingendo sino a segnare un giro migliore di loro, e superato solo dal primissimi. Ma evidentemente lo sforzo non poteva ripetersi per cinquanta giri: anzi, è ancora a vedersi se Nuvolari abbia fatto bene a prodigarsi in sterili duelletti con Seaman, Muller, Varzi e Kautz, cedendo poi prima della fine, e passando la sua macchina a Farina per raggiungere il traguardo: dato il carattere prettamente personale della sua corsa, il meno che il pubblico potesse attendersi era di vederlo smontare dal suo seggiolino a corsa finita, come fecero tutti i tedeschi, tranne il provatissimo Stuck.
Lo sforzo esasperato per rubare ogni giro qualche secondo alle pratiche possibilità della macchina fu evidente anche nelle gare di Trossi e di Farina: regolare il primo, ma sempre sospeso al metaforico filo della divina provvidenza nelle curve (un suo spettacoloso dietro-front nel curvone della Rotonda, che lo costrinse a tornare contro corrente fin nello slargo delle tribune per rigirarsi con visuale aperta, rimarrà memorabile) sfortunato invece, come al solito, il secondo, gli abusi dei quale sull’acceleratore si tradussero in una serie di arresti allo stallo, culminati logicamente col ritiro.
Guidotti e Biondetti, finché si comportarono da buoni padri dì famiglia, rimasero senza infamia e senza lode nelle posizioni di coda, cosicché quando si ritirarono nessuno mostrò di accorgersene.
Il pubblico seguì invece con simpatia la cronometrica, convincente manifestazione turistico sportiva del calmo, imperturbabile, simpatico Belmondo (non a torto soprannominato “Beltondo” per la sua sorridente corpulenza) sulla sua anziana Alfa 8 cilindri 3900, con almeno un 30 per cento di scarto nella velocità massima dalle vetture vittoriose. L’aver ridotto il distacco in arrivo al 10 per cento di maggior tempo sul primo è dunque un titolo di merito egregio per il bravo torinese, che già a Pescara aveva permesso, lui solo, di non lasciare l’Italia totalmente assente dalla classifica d’arrivo.
In campo tedesco, nulla di nuovo da segnalare. La Mercedes ha rispettato il pronostico vincendo e stravincendo. Non si tratta tanto di velocità assoluta (per quanto, anche in questo elemento, minima sia la sua inferiorità dall’Auto-Union), ma di tutte le caratteristiche della macchina, straordinariamente a punto. In genere si imputa ai tedeschi una tenuta di strada non perfetta ed una discutibile maneggevolezza in curva. Chi ha osservato le Mercedes a Livorno, seppellirà questo luogo comune: queste macchine curvavano divinamente bene, stabili, docili, sicure, non altrimenti che le nostre Alfa. Seguitando a cullarci nell’illusione di supplire con queste nostre specialità al difetto di potenza, ci prepareremo altre delusioni.
Anche le vituperate Auto-Union del resto non ci apparvero in difficoltà neppure nelle curve più tormentate: diversa è la tecnica ch’esse richiedono al guidatore in curva e in ripresa, ma non meno buono il risultato complessivo. La loro soccombenza si spiega sopra tutto con la deficienza di freni: tutte le Auto-Union staccavano e frenavano, prima della curva, a maggior distanza delle Mercedes, entrando poi alla stessa velocità di queste e ripartendone anche meglio. Particolarmente provata sotto questo aspetto la macchina di Varzi, che lo costrinse ad una andatura molto cauta: per quanto sia rimasta l'impressione che il galliatese abbia forse tenuto i suoi freni anche troppo di riserva, a giudicare dal vibrante crescendo registrato negli ultimi giri.
Caracciola ha dunque vinto di merito e da gran signore, per quanto il vincitore morale della giornata sia da considerarsi il suo compagno di squadra Lang, che guidò la cavalcata per la prima metà della gara, che visibilmente rinunciò a superare Caracciola dopo il rifornimento, che fu costretto a fermarsi una decina di secondi al terzultimo giro per pulire il cofano, lasciando così al suo caposquadra di precederlo al traguardo per la lunghezza di una macchina.
Nemici delle frasi fatte e delle ripetizioni, preferiamo sintetizzare il nostro giudizio sull’organizzazione, sul concorso di pubblico, sulla riuscita mondana e spettacolare dell'avvenimento livornese, affidato come di prammatica alle cure direttive dell'insostituibile Renzo Castagneto, in una sola parola: successone.
Aldo Farinelli
La Cronaca del Gran Premio
Quando il R.A.C.I. decise di far disputare a Livorno la quindicesima edizione dei Gran Premio d’Italia nessuno, né a Roma, né a Milano, né a Livorno stessa, avrebbe potuto prevedere un così imponente concorso di folla per lo svolgimento della massima prova automobilistica italiana.
I dirigenti del R.A.C.I., prima di abbandonare la città labronica, hanno tenuto ad esprimere al Comm. Tron, Commissario straordinario per la sezione di Livorno, i sensi dei loro vivo compiacimento per la riuscita di una gara che, attesissima in tutta la Toscana e, naturalmente, in modo particolare a Livorno, ha richiamato sulle rive del Tirreno, migliaia e migliaia di appassionati tantissimi dei quali erano giunti tra noi dai più lontani centri della Penisola.
Lo spettacolo offerto dalla folla sul tracciato della “Ciano” lungo Km. 7.218, è stato descritto da una trentina di “inviati speciali” e di questo spettacolo, da autodromo, se ne trova anche una larga eco sui giornali tedeschi che avevano mandato a Livorno una dozzina di capi rubrica dello sport.
Cielo colore grigio chiaro cosparso, qua e là da nubi di colore dell'inchiostro. Vento di ponente, gagliardo, che fa garrire bandiere, drappi, orifiamme; mare in burrasca. Le ondate si ricorrono, sì fondono, spumeggiano sugli scogli e su le dighe, suscitando la curiosità e l’interesse di tutti coloro che non sono abituati a sentirsi il volto sferzato dal vento e dal salmastro. Ancor prima delle dieci, la partenza è fissata per le quindici, il Circuito comincia ad ospitare gli appassionati. Sono pattuglie numerose, carovane allegre che consumeranno, di li a poco, sulla magnifica passeggiata a mare e sui contrafforti del Montenero, la colazione al sacco. Sul tortuoso anello stradale spira aria di festa, ed è festa grande per i motori che sono chiamati, dopo sedici anni di sforzi, di sacrifici, di lavoro, a consacrare, nel modo più completo, l’internazionalità della Coppa Ciano. E la folla aumenta continuamente alimentata com'è dai sottopassaggi, dalle passerelle e perfino dai sentieri.
Poco prima delle 14 quando le tribune nereggiano di appassionati, giungono, accolte al suono degli inni nazionali. le loro A. A. R. R. le principesse Maria di Savoia, Mafalda d’Assia col consorte, Jolanda Contessa Calvi di Bergolo col consorte e i figli. La folla, che ha calorosamente applaudito all’indirizzo delle Principesse Reali, rinnova il suo entusiastico applauso quando giunge nella zona del traguardo S. E. Costanzo Ciano ch’è accompagnato dalla consorte Contessa Carolina e da S. E. Galeazzo Ciano ch’è con la consorte Edda Ciano Mussolini e il figlio Fabrizio. E’ presente anche la sorella del Ministro degli Esteri, Contessa Maria Magistrati Ciano. Fra le autorità intervenute notiamo il Sottosegretario agli Interni on. Buffarini Guidi, il Prof. Zangara, in rappresentanza del Segretario del Partito on. Starace, S. E. Pietro Mascagni e Signora, S. E. Tringalli Casanova, il Senatore Rolandi Ricci, gli on. Farinacci, Ungaro, Bibolini, Cempini, Meazzuoli, Baiocchi; gli ammiragli Romagna, comandante la R. Accademia Navale e Arturo Ciano, e tutte le autorità locali con a capo S. E. il Prefetto. Del R.A.C.I. sono presenti il Conte Bonacossa, che rappresenta anche la Direzione del Partito, il Comm. Magnani, il Presidente della Commissione Sportiva Ing. Furmanik e moltissimi dirigenti delle varie sedi.
Alle 14.20 appaiono sulla pista cento Giovani Fascisti che portano i gagliardetti delle sedi provinciali del R.A.C.I. Il gruppo compatto, che marcia ad andatura bersaglieresca, sfila davanti alle autorità per prendere poi posto in una tribuna appositamente preparata.
Alle 14.25 comincia la sfilata, al suono degli inni nazionali. delle macchine partecipanti al Gran Premio. Prima è la squadra dell’Alfa, con a capo Nuvolari, in considerazione della vittoria riportata alla “Ciano” lo scorso anno, segue l’Auto Union con in testa Rosemeyer, poi la Mercedes che ha a bordo della prima vettura Caracciola. Il pubblico ammira la parata e applaudisce calorosamente i piloti, i dirigenti ed i meccanici. Quando le macchine sono allineate, S. E. Galeazzo Ciano accompagnato dal piccolo Fabrizio, si reca a salutare i corridori mentre dai recinti più vicini alla zona di partenza e dagli stalli partono salve di applausi all’indirizzo del giovane Ministro.
Il tempo di incanalare verso il mare, una colonna di appassionati che straripa di sotto la pineta della Rotonda di Ardenza poi, quando Renzo Castagneto ha tamponata la falla, il “mossiere”, Prof. Zangara, dà il via. Si parte con Caracciola alla corda e con Belmondo in coda. Ululati di sirena, rombi altissimi emessi da quindici pulsanti motori (lo svizzero Ruesch non è partito), odore acre di essenza. E’ cominciato il carosello del XV Gran Premio d’Italia.
La prima delle macchine che irrompe sulla linea di traguardo è quella di Caracciola ch’è seguito da Varzi e Rosemeyer. Segue, vicinissima, la compatta schiera dei bolidi tedeschi tra i quali è riuscito ad insinuarsi Nuvolari. Tazio, con quella sua maglietta di colore giallo canarino, riceve applausi per sette... chilometri perché il circuito, che si è ormai trasformato in un anello umano, non ha, in questo inizio di gara, occhi che per il mantovano, idolo delle folle italiane e di quella toscana in particolare.
Terzo giro. Lang ha superato Caracciola. L’allievo ha mancato di riguardo verso il maestro ma Caracciola non è uomo da farsi piantare in asso e si getta, con la velocità di un siluro, sulle orme di Lang. E la folla approva, con applausi e grida di incoraggiamento, la fuga del giovane pilota della Mercedes. Lang, il vittorioso a Tripoli, l’uomo che ha fatto, nel giro di poche ore, di un macellaio un milionario, ispira simpatia alla folla e chissà quanti saranno coloro che nel vedere il numero “sei” sfilare davanti ai loro occhi ripenseranno al non mai visto circuito africano dove oltre al bel sol d'amore” si possono trovare, se la fortuna ci assiste, dei pacchi di biglietti da mille... Ma gli appassionati non hanno dimenticato Nuvolari che è sulla scia di Varzi. Varzi contro Nuvolari. Torna a riaffiorare il motivo classico di tante edizioni della Ciano e per un momento la folla dimentica i protagonisti della corsa per tenere dietro ai due grandi piloti italiani. Chi comanda la gara è Lang. Lang, sempre Lang. E Rosemeyer, ch’è in terza posizione, dà l’impressione in un giro di guadagnare terreno e nel giro successivo appare invece in ritardo?
E Brauchitsch il velocista? Distaccati, nettamente distaccati.
Lang, nei primi cinque giri, ha fornito questi tempi: 3’34” e 2/5, 3’19”3/5, 3’18”, 3’17”2/5, 3’15”2/5. Caracciola va... meno forte. Ecco i suoi tempi: 3’33”, 3’20”2/5, 3’21”3/5, 3’17”1/5, 3’16”2/5. Ed ecco ora, attraverso il cronometro, il duello Varzi Nuvolari.
Varzi: 3’ 34”2/5, 3’28”, 3’25”3/5, 3’25”, 3’24”.
Nuvolari: 3’39”4/5, 3’25”3/5, 3’26”1/5, 3’25”, 3’23”2/5. La dodici cilindri, modello 1937, pilota Guidotti, gira a velocità di esperimento, vale a dire senza richiedere al motore il suo massimo sforzo. Ecco il responso del cronometro per i primi cinque passaggi di Guidotti: 3’35”3/5, 3’37”4/5, 3’33”, 3’3I”3/5, 3’32”. Al quadro aggiungiamo anche i tempi di Trossi e di Farina.
Trossi 3’53”3/5, 3’35”, 3’32”2/5, 3’50”1/5, 3’50”l/5, 3’28”. Farina: 3’48”2/5, 3’30”3/5, 3’27”2/5, 3’57”,3’28”.
Al sesto giro Nuvolari finisce per avere la meglio su Varzi che appare molto meno veloce che nei giri di prova. L’inseguimento di Nuvolari tiene desta l’attenzione del pubblico che spera di vedere il mantovano piombare alle spalle della coppia fantasma, Lang Caracciola. Se l’entusiasmo della folla avesse il potere di accrescere la velocità di un'automobile, la macchina di Nuvolari diverrebbe vettura razzo. Disgraziatamente il mezzo meccanico di “Nivola” è quello che è e il mantovano, dopo un balzo in avanti, torna a riperdere terreno.
Al decimo giro la classifica è la seguente: Lang 32’54” (media Km. 131.627), Caracciola 32’57”4/5, Rosemeyer 33’4”4/5, Brauchitsch 33’11”2/5, Nuvolari 34’5”1/5, Varzi 34’7” e 1/5. Muller 34’8”3/5, Seaman 34’9”2/5, Stuck 34’24”2/5, Kautz 34’45”2/5, Trossi 35’1/5, Guidotti 35’34”, Biondetti 35’35”, Belmondo 37’15”, Farina 37’18”.
Farina, che si è ripetutamente fermato allo stallo, al tredicesimo giro si ritira. Al quindicesimo giro ha inizio il cambio delle gomme. Il primo è Brauchitsch che cambia la posteriore sinistra impiegando 30”, poi è la volta di Stuck che cambia la posteriore destra in 24”.
Diciannovesimo giro. Passa Lang, passa Caracciola. E Rosemeyer? Il pilota dell’Auto Union è in ritardo perché le gomme non hanno tenuto e per quanto il cambio sia veloce 35’’, al vincitore della Coppa Acerbo non sarà facile strappare dei secondi a coloro che forniscono una chiara dimostrazione del come si può correre per conto proprio senza preoccuparsi eccessivamente degli avversari.
Classifica al ventesimo giro: Lang 1h.5’17” (Km/h 132.676). Caracciola 1h.5’22”2/5, Rosemeyer 1h.6’45”, Muller 1h.7’3”1/5. Nuvolari 1h.7’31”2/5, Seaman 1h.7’38”2/5, Varzi 1h.7’40”, Brauchitsch 1h.8’26”1/5. Trossi 1h.9’4”1/5, Biondetti 1h.10’5”. Guidetti 1h.10’8”2/5, Stuck (che al 17°giro ha ceduto la guida a Hasse) 1h.11’53”4/5, Belmondo 1h.13’49”2/5. Al 21°giro, Nuvolari, che ha avuto un’ottima ripresa, conquista il quarto posto davanti a Muller e Seaman. Al 22°giro è la volta di Nuvolari a dover fermarsi allo stallo per il cambio delle gomme posteriori. Il mantovano approfitta della sosta per far riempire il serbatoio del carburante. “Nivola” riparte dopo 48”. Prima del ventitreesimo passaggio Lang, che con la posteriore destra cammina sulla tela, si ferma 28” allo stallo. Al ventiquattresimo giro Caracciola assume il comando della gara e tolto Lang chi si è visto si è visto. Al venticinquesimo giro il vincitore del Gran Premio di Berna, che ha impiegato 26” nel cambio delle gomme, ha 16” di vantaggio sul compagno di squadra. Classifica al trentesimo giro: Caracciola 1h.39’25”2/5 (media Km. 130.703), Lang 1h.39’26”2/5, Rosemeyer 1h.39’57”1/5, Brauchitsch 1h.40’18”1/5, Muller 1h.41’30”, Nuvolari 1h.42’8”3/5, Seaman 1h.42’31”1/5, Varzi 1h.42’31”1/5, Kautz 1h.43’21”4/5, Trossi 1h.45’36”4/5, Biondetti 1h.45’41”, Stuck 1h.47’49”. Guidotti si è ritirato lungo il rettilineo di Antignano.
Al trentunesimo giro Nuvolari si ferma allo stallo e cede il comando della sua vettura a Farina. Il ritiro di Nuvolari giunge imprevisto perché il mantovano si era fino allora battuto con grande accanimento, ma tutto sommato non si può dar torto all’uomo che ha scritto cinque volte il proprio nome sul libro d’oro della “Ciano”. Le Mercedes di Caracciola e di Lang sono irraggiungibili e le posizioni d’onore sono difese dal piloti dell’Auto Union che, per quanto siano preoccupati dal comportamento dei freni, hanno molta più potenza da spendere di Nuvolari che si trova in condizioni di netta inferiorità.
Al 33°giro Caracciola e Lang, che marciano spesso coda coda, forniscono in 3’11”1/5 il primato sul giro. Questo tempo è inferiore di ben 10” al record (3’21”) stabilito lo scorso anno da Nuvolari. Al trentacinquesimo giro Caracciola ha tre secondi di vantaggio su Lang. Nel giro successivo si ritirerà Brauchitsch.
Classifica al quarantesimo giro: Caracciola 2h.11’47” (media Km. 131.452), Lang 2h.11’48”1/5, Rosemeyer 2h.13’, Muller 2h.15’8”1/5, Seaman 2h.15’31”1/5, Varzi 2h.16’25”4/5, Kautz 2h.16’55”2/5, Farina 2h.17’ e 2/5, Trossi, 2h.22’26”4/5, Hasse, 2h.22’30”2/5, Belmondo 2h.27’40”3/5. Biondetti si è ritirato in località Marroccone e Kautz abbandonerà a sette giri dal termine della gara.
Nel finale Lang accelera e nell’ultimo passaggio Caracciola taglia il traguardo con mezza lunghezza, come si dice negli ippodromi, di vantaggio su Lang. Dopo il giro d’onore il vincitore del XV Gran Premio d’Italia viene condotto nella tribuna centrale dove riceve le congratulazioni del donatore della coppa (a cui la corsa livornese si intitola) S. E. Costanzo Ciano e di S. E. Galeazzo Ciano.
Primi di chiudere queste note riteniamo utile di pubblicare i dati che si riferiscono al giro più veloce compiuto dai corridori classificati. Ecco i nomi, i tempi e le medie: Caracciola (33) in 3’11”1/5, media Km. 135.903: Lang (33) 3’11”1/5, media Km. 135.903, Rosemeyer (18) in 3’12”3/5, media Km. 134.915; Seaman (43) in 3’14”1/5, media Km. 133.804; Muller (28) 3’17”3/5, media Km. 132.502; Varzi (43) 3’16”1/5 media Km. 132.440; Nuvolari (23) 3’16”4/5, media Km.132.036, Trossi (21) 3’21”3/5,media Km. 128.892; Stuck (8) 3’20”3/5, media Km. 129.535; Belmondo (24) 3’25”1/5, media Km. 126.631. Il servizio di cronometraggio era affidato ai camerati: Ottolini, Piovella, Ing. Ghio, Ing. Cionini, Fraschetti, Radice, Parrini, che avevano quali loro aiutanti gli “aggiunti” Cangi e Pettinelli e gli “ aspiranti” dott. Macchia, dott. Sbaraglio, Baroncini e Rimediotti.
Enrico Bensi
LA CLASSIFICA:
1. Caracciola Rodolfo, su Mercedes che compie i 50 giri, pari a Km. 360.900 in 2h.44’54”2/5, alla media di Km. 131.310;
2. Lang Ermanno su Mercedes in 2h.44’54”4/5, media Km. 131.305.
3. Rosemeyer Bernardo su Auto Union in 2h.46’19”4/5, Km/h. 130.186;
4. Seaman Riccardo su Mercedes in 2h.45’2”4/5 (fermato al 49° giro);
5. Muller su Mercedes in 2h.45’40” (fermato al 49° giro);
6. Varzi Achille su Auto Union in 2h.46’15”2/5 (fermato al 49° giro);
7. Nuvolari (Farina) su Alfa Romeo in 2h.47’38”2/5 (fermato al 49° giro);
8. Trossi su Alfa Romeo in 2h.46’15”3/5 (fermato al 47° giro),
9. Stuck (Hasse) su Auto Union in 2h.46’39”2/5 (fermato al 45° giro).
Ritirati: Farina al 13° giro; Guidotti al 24°; Brauchitsch al 36°; Biondetti al 38°; Kautz al 43° giro.
Giro più veloce: il 33° di Caracciola e Lang in 3’11”1/5, alla media di Km. 135.903.
(Da “Auto Italiana “ 20 settembre 1937)
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XV GRAN PREMIO D’ITALIA
XVII COPPA CIANO
Sguardo al passato: nascita della “Montenero”
Sedici anni fa, in una sala del “Corriere di Livorno”, ad iniziativa di Paolo Fabbrini amministratore e proprietario del quotidiano livornese, convennero una quindicina di persone.
A capo di una tavola lunga e stretta vi era Fabbrini che aveva ai lati l’ingegner Emanuele Rosselli ed un altro ingegnere, di cui non ricordo il nome, delegato dell’Ufficio Tecnico Municipale. Di fronte a Fabbrini, era Raffaello Mei, il dinamico Mei, una delle migliori penne del giornalismo sportivo toscano di quei tempi che, armato di matita e, con sotto agli occhi un fascio di carta da bozze, era pronto nella sua qualità di segretario a redigere il verbale di una riunione che, a tanti anni di distanza, si può definire storica. Del gruppo degli intervenuti facevano parte Ferruccio Falleni che sfoggiava a quell’epoca un’invidiabile capigliatura alla Mascagni, Ugo Susini con le tasche piene di fogli, pronto ad illustrare un numero incredibile di schizzi degni di figurare in un manuale di toponomastica, Modesto Baroncini, corridore con la moto, che tra una caduta, un ritiro ed un’avaria, si era fatto una cultura nel campo della velocità; un pivello del giornalismo sportivo (Enrico Bensi ndr) e, altri di cui ci sfugge il nome, ma che dovevano sicuramente vantare dei titoli di competenza, sia pure non specifica, perché altrimenti Fabbrini, che é sempre stato un uomo pratico, non li avrebbe chiamati. La parola é al presidente.
Fabbrini saluta, ringrazia, accende un fuoco di artifizio per la “nostra Livorno” e viene al sodo. Si tratta - dice l’amministratore proprietario del giornale - di gettare le basi per far disputare a Livorno una corsa automobilistica. Molti “bene”, molti “bravo”, molti “era tempo” e “ci voleva”. Il programma è questo...E qui Fabbrini, dopo aver solennemente dichiarato che alla parte finanziaria avrebbe provveduto lui, apre la discussione per sapere dove, come e quando questa gara si farà.
L’ingegnere Rosselli, calmo, chiaro, incisivo, traccia rapidamente il circuito; l’ingegnere del Municipio prende degli appunti e assicura che, nei limiti del bilancio, si cercherà di migliorare il fondo stradale; all’organizzazione del traguardo provvederà Falleni.
Invece Susini e Baroncini, con gli altri esperti intervenuti, costituiscono la Commissione Sportiva; e Mei, dopo essere stato nominato per acclamazione Capo dell’Ufficio Stampa, provvederà attraverso il suo segretario, che sarei io, a convocare prontamente la sparuta pattuglia dei giornalisti sportivi livornesi. Prima di togliere la seduta, Fabbrini propone di date un nome alla sua creatura. Il nome è pronto, l’ha trovato Mei.
La chiameremo ”Montenero”, come il colle più alto di Livorno, caro per il celebre Santuario e per custodire le spoglie dei concittadini illustri al cuore d’ogni labronico. Il giorno dopo, il “Corriere di Livorno”, “Il Telegrafo”, “La Gazzetta Livornese”, si incaricavano di portare a conoscenza del folto pubblico e dell’inclita guarnigione che la nostra città, così ricca di fulgide tradizioni sportive sarebbe stata teatro di una grande corsa automobilistica. Uno dei primi ad iscriversi fu Lotti: il Pilota dell’Ansaldo, a quell’epoca senza essere una figura di primo piano, era qualcuno nell’automobilismo italiano e non ci lasciammo sfuggire l’occasione per valorizzare la corsa.
La prima “Montenero” raccolse 11 partenti. Fu un successo senza precedenti. Avevamo parlato tanto degli 11 guidatori che ci sarebbe riuscito difficile distinguere le gesta vere da quelle inventate per mancanza d’argomenti. Il Circuito si snodava dall’ex Lazzaretto di S. Leopoldo, dove era situato il traguardo, all’Antignano. Il ritorno avveniva per l’Ardenza di Terra e la via di Circonvallazione. Distanza totale 110 Km. Fondo stradale... lasciamo perdere; evidentemente il Municipio non poteva spendere. Falleni con gli scarsi mezzi messi a disposizione, aveva fatto i miracoli per dare un po’ di colore nei pressi del traguardo. La stampa, eravamo in cinque, era naturalmente al gran completo e ci si dava tutti un gran da fare per tenere indietro il pubblico che ingombrava la pista. Quelli di noi, poi, che possedevano un orologio, cercavano di aiutare il cronometrista che, in piedi, circondato da gente che voleva sapere, si spolmonava per mettere in condizione il suo aiutante, un giovanottone provvisto di un megafono, di rendere noti i tempi “ufficiali”. Il primo classificato fu Lotti alla media astronomica di Km. 39.845. Il pilota fiorentino si aggiudicava anche il primato sul giro: media Km. 43.703. Lotti fu accolto come un trionfatore. Il vincitore della prima “Montenero” dopo essere stato abbracciato, baciato, sballottato, riuscì finalmente a raggiungere il marciapiede per ricevere le congratulazioni degli ufficiali della corsa che, circondati da nugoli di ragazzi che erano passati da tutte le parti fuor che dalle porte di accesso, non riuscivano ad avvicinare il vittorioso.
1922 - Si ritorna e questa volta un po’ di strada è tracciata alla “Montenero”. Felice Nazzaro vince a Strasburgo alla guida di una rossa Fiat. E’ una manna per parlare d’automobilismo. Fiato alle trombe e pronti per la seconda edizione. Quindici partenti, si delinea il successo, si fa un rumore del diavolo. In Toscana si comincia a dar credito alla “Montenero” fuori della nostra regione si nicchia. Firenze, dove l’automobilismo è in auge, dà, con il Conte Carlo Masetti , il vincitore della seconda edizione della “Montenero”. Media Km. 62, sul giro Km. 68. Non si corre, si vola. Si comincia, ora che la corsa va prendendo un certo sviluppo, a parlare di dislivelli, di curve, del Romito, del Paradisino, del Castellaccio.
1923 - Falleni, dopo aver tanto urlato e discusso per avere il necessario fa le cose in grande. Sbarramenti a Barriera Margherita per ridurre il numero dei portoghesi, pioli, staccionate, filo di ferro, drappi, bandiere e musica. Precisamente anche la musica. Al traguardo presterà servizio una banda cittadina che, tra una marcia, un pezzo di Mascagni ed una sinfonia di Rossini terrà sveglia l’attenzione del pubblico. E questa volta Falleni al quale per un anno non abbiamo dato respiro, ha provveduto a sistemare anche la stampa. E la sistema procurando ai soliti cinque arrabbiati sostenitori della “Montenero” un traballante tavolo e poche sedie. Con la stampa ha preso posto al tavolo anche il cronometrista; un cronometrista vero di quelli che hanno fatto il corso. Il cronometrista é così altamente preso nel suo compito che occupa da solo la metà del tavolino obbligando noi, rappresentanti del quarto potere, a sedere a turno e a scrivere sulle ginocchia. I partenti sono 16. Questa volta prende il via anche un livornese, Mario Razzauti che corre con un’Ansaldo di proprietà di un altro livornese: Corrado Gragnani. E vi é anche il Conte Gastone Brilli Peri con quei suoi occhi grandi, dolcissimi e con quel suo naso deformato in seguito a una caduta dalla moto, che “boia di un cane” ce la metterà tutta. Brilli Peri e Razzauti sono i nostri favoriti. Il duello tra il fiorentino e il livornese ha costituito il piatto forte per la nostra preparazione pubblicitaria e la lotta tra questi due uomini si delinea fin dai primi giri, magnifica, entusiasmante. Razzauti vince e dimostra che va più forte del Conte Masetti. La media sul percorso totale è, infatti, salita a Km. 66.670. Il primato sul giro è conquistato da Brilli Peri, alla media di Km. 74.104. Livio Poggiarelli, il cassiere, tira le somme. Le cifre ci dicono che ad un grande successo tecnico e sportivo non ha fatto riscontro un successo finanziario. La “Montenero” è in stato fallimentare. Concordati, sconti, pagamenti rateali: sul nostro circuito cala la nebbia. Ci fermeremo? Ci arresteremo proprio ora che siamo riusciti a far pubblicare il risultato della gara sui giornali sportivi? Ora che i livornesi parlano della “Montenero” come di una gloria cittadina? Qualcuno dei vecchi organizzatori si ritira, qualche altro tentenna. E’dunque il crollo?! Mai più. Livorno, città di mediterranei, non si lascia abbattere tanto facilmente, non cede senza combattere, e con quel mare in burrasca un uomo afferra e tien ben stretta la barra del timone di quella barca così faticosamente costruita. Emanuele Tron, nuovo capitano della “Montenero”, farà issare a riva il gran pavese…
Enrico Bensi
(Da “R.A.C.I.” Settimanale del Motore dello Sport e del Turismo 1937)
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Come una corsa diventa classica
Secondo tempo della “Montenero”
Giornalisti alla “scoperta” del Circuito livornese - Di successo in successo – Esordio di Materassi – Assorbimento della “Coppa Ciano”
Abbiamo lasciato la Montenero, edizione 1923, in stato fallimentare.
La volontà, l’entusiasmo, i sacrifici di pochi, non erano stati sufficienti a far ritrovare un equilibrio a un bilancio che volgeva decisamente, inevitabilmente al passivo. La relazione prima e, i conti presentati dal Poggiarelli poi, avevano tagliato le gambe a tutti. Ci par di rivedere il Cav. Paoli, animatore magnifico della terza edizione, prendere a braccetto l’uno e l’altro dei corridori per spiegare loro che nulla era perduto, che era solo questione di attendere. Rivediamo Falleni avvilito, sfiduciato; conserviamo ancora nella retina l’espressione di desolazione di Torelli. Riunioni, discussioni, numeri sempre numeri.
Lo scartafaccio di Poggiarelli è come la spada di Damocle sul collo degli organizzatori. Idee molte, soldi pochi. Anticipi su tutta la linea. Il verbo pagare, é come un chiodo che sia stato infisso nel cervello di coloro che si sono assunti l’incarico di dotare la nostra città di una corsa automobilistica. L’Automobil Club Italia si interessa della cosa. Con cortesia, con tatto, il massimo organo dell’automobilismo nazionale propone agli appassionati livornesi di trasformare il Comitato organizzatore della “Montenero” in una sezione dell’A.C. Italia. L’idea é tutt’altro che peregrina. La ciambella di salvataggio é afferrata al volo. In una riunione più numerosa del previsto, la Sezione é costituita: Emanuele Tron, Parodi, Paoli, Nando Cavallini, Piero Polese, Gino Torelli, Neri, Giubbilei, Monteverde e altri costituiscono il primo nucleo di cui fanno parte l’indispensabile Poggiarelli e il non meno indispensabile Falleni. Fioccano le adesioni. Sono gli amici che richiamano gli amici. L’Automobil Club d’Italia invia il suo plauso e le sue congratulazioni; i corridori, quelli che devono ancora avere una parte del premio sono entusiasti e promettono di ritornare in massa, l’anno prossimo, alla “Montenero”. Poggiarelli, che comincia ad avere dei fondi, sprizza di gioia da tutti i pori. Il maggior creditore Razzauti, riscuoterà fino all’ultimo centesimo quello che ancora gli é dovuto a rate mensili di 500 lire, frutto delle quote sociali. All’avvilimento subentra l’entusiasmo, ed é entusiasmo vivo, senza restrizioni che si sprigiona da tutti noi. La “Montenero” ha la vita assicurata, non solo, ma i nuovi e i vecchi organizzatori si mettono al lavoro con tanta lena che gli ambienti automobilistici d’Italia sono costretti a guardare a Livorno dove si fa un chiasso del diavolo. La stampa sportiva, quella che non si era nemmeno degnata di pubblicare la classifica della prima “Montenero” ha scoperto il Circuito. La quarta edizione ha l’onore di svolgersi alla presenza di un paio di inviati speciali che potranno finalmente constatare di persona come sulle rive del Tirreno si fa qualche cosa che vale la pena di essere conosciuta dai lettori. Uno degli inviati é, niente meno, il capo della rubrica automobilismo della “Gazzetta dello Sport”, Lando Ferretti. Per noi, poveri giornalisti di provincia, l’onore é grandissimo, insperato e sicuri come siamo che il nostro Circuito é uno dei più belli d’Italia, ci facciamo in dovere di farlo percorrere in lungo ed in largo al collega che non mancherà poi e ripetutamente di illustrare, sulle colonne della rosea Gazzetta, le bellezze naturali del tracciato del “Montenero” e le difficoltà che esso presenta.
L’edizione del 1924, tredici partenti sette arrivati, é vinta da Renato Balestrero alla media di Km. 69.692, mentre il miglior tempo sul giro é fornito dal Conte Domenico Antonelli alla media di Km. 72.192.
La “Montenero” brucerà ormai le sue tappe con una continuità sbalorditiva. I nomi del Castellaccio, del Paradisino, del Sassoscritto, del Romito, di Quercianella, diventano ben presto familiari a tutti coloro che in Italia si occupano degli sport meccanici. Emanuele Tron, Presidente della Sezione livornese dell’A.C. Italia, con i suoi collaboratori, fa miracoli. Revisione e riparazione del fondo stradale, tribune, tabelle dei tempi, allargamento delle curve, impianti telefonici. La “Montenero” va, sia pure lentamente, trasformandosi e non passeranno molti anni che la gara livornese getterà alle ortiche la sua veste di provinciale per apparire come una delle più belle ed interessanti gare dell’automobilismo italiano.
1925 - Questa volta il locale Ufficio Stampa ha non solo il valido appoggio di Lando Ferretti, ma anche quello degli altri colleghi della stampa sportiva. Giungono a Livorno carovane d’appassionati da ogni parte della regione e sono ospiti graditi della città dei Quattro Mori numerosi sportivi di Bologna, Genova e Roma. Il movimento sulle strade che conducono al circuito é intensissimo. Ora si può scrivere veramente che centinaia e centinaia di motori rombano lungo il Tirreno dando vita a quella sinfonia che era stata solo un parto della nostra mente. E, per chi non lo sapesse, abbiamo avuto anche la costanza di contare le curve incluse nel circuito: centosessantaquattro. Per la quinta edizione entra in scena un fiorentino, Emilio Materassi che, seguito da centinaia e centinaia di sostenitori, prende il via con una grossa “Itala”. Materassi si classifica brillantemente primo alla media di Km. 68.641. Il Conte Carlo Masetti riconquista il primato del giro alla media di Km. 74.448. Si inizia ora il periodo d’oro di Materassi che si aggiudica, tra il crescente entusiasmo di una folla sempre più numerosa, le edizioni del ‘26, ‘27, ‘28. Materassi, idolo degli sportivi fiorentini é per i livornesi il vessillifero della “Montenero”. Emilio, come é chiamato dagli amici che anche a Livorno sono legione ha un modo tutto suo, inimitabile, nell’abbordare le curve a tutta velocità, suscitando ad ogni passaggio ondate di entusiasmo. Imbattibile in curva, fulmine sui rettilinei, Materassi non vince, stravince. Fu dopo l’edizione del 1926 che battezzammo questo campione, alla memoria del quale ci legano tanti cari ricordi, il “dominatore”. E Materassi fu, nel senso più completo della parola, il dominatore su un circuito che godeva fama di stroncatore, che non aveva pietà sia per le macchine sommariamente preparate, sia per i piloti che non controllassero continuamente i loro nervi e che non imponessero al motore uno sforzo progressivo. L’uomo che si classificava primo alla “Montenero” poteva ben dire di essere un asso del volante e il mezzo meccanico messo a sua disposizione doveva rispondere in pieno a quelle condizioni di potenza, maneggevolezza, stabilità ed equilibrio, che sono indispensabili per conseguire un successo sul prototipo dei circuiti misti.
Nel 1928 il miglior tempo sul giro venne dato da Tazio Nuvolari, che impiegò 15’38” alla media di Km. 86.354.
Nel 1929 il successo della “Montenero” é grandioso, tale da far esultare ogni livornese, ogni toscano.
La nona edizione segnò il crollo di ogni precedente primato. Vinse Achille Varzi alla media di Km. 87.175. Il galliatese fornì anche il miglior tempo sul giro alla media di Km. 88.971. Dietro Varzi si classificarono: Nuvolari, Campari, Arcangeli, nell’ordine. La corsa che ha veduto prendere il via ai più famosi piloti d’Italia ha una cornice di pubblico enorme. Incasso di sei cifre, con centomila persone lungo il circuito. E’ passato il tempo dei tavoli traballanti, dei pioli e delle corde prese in prestito. Falleni, l’architetto della Montenero, ha modo di far rifulgere in pieno le sue qualità di costruttore. Tribune enormi, tabelle dei tempi gigantesche, linee telefoniche, con quindici apparecchi lungo il circuito, passerelle, stalli. Poggiarelli, che ha con se decine e decine di impiegati, conta ora i fogli da mille come una volta contava le lire; Gino Torelli che al tempo dei tempi, rappresentava il terrore dei portoghesi, tanto da guadagnarsi per la sua inesorabile opera di polizia, il nome di Fouché, può ora, alla testa di un esercito di impiegati e di agenti della forza pubblica, dirigere quella gigantesca opera di rastrellamento su venti chilometri, tanti ne conta il circuito, che oltre ad assicurare il regolare svolgimento della corsa frutta delle migliaia di lire.
1930 - Siamo alla prima “Montenero-Ciano”. La “Ciano” gara per vetture sport istituita nel 1927 e che, disputata ad una settimana dalla “Montenero” conta tra i suoi vincitori due alfisti: Marinoni e Razzauti, viene soppressa e la Coppa donata da S. E. Costanzo Ciano costituirà da ora in poi il più ambito trofeo della gara livornese. In quell’anno corrono Varzi e Nuvolari. Scendono in pista, affidate ai due famosi guidatori, le “Alfa P2”. Duello accanito, emozionante e macchine scassate. La vittoria é conquistata da Fagioli che ha girato con magnifica continuità. E qui ha termine il secondo periodo della “Montenero” di quella prova classica che dopo aver veduto riaccendersi il duello tra Nuvolari e Varzi; dopo aver veduto, ripetutamente, la partecipazione di Borzacchini e Campari; dopo essere stata testimone delle prodezze di Chiron e di Moll doveva, in un giorno ormai non lontano, su un circuito modificato, chiamare a raccolta gli appassionati di tutta Italia per vedere gareggiare, nella più importante corsa nazionale, i più noti piloti che conta oggi l’automobilismo europeo.
(Enrico Bensi)
(Da “R.A.C.I.” Settimanale del Motore, dello Sport e del Turismo n°35, 29 Agosto 1937)
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VIGILIA DI GRAN PREMIO XV
TRIONFO DELLA MONTENERO-CIANO
La X “Montenero-Ciano” disputata nel 1930, vinta da Fagioli (il terzo incomodo tra i due litiganti: Nuvolari e Varzi) ebbe una larga eco di commenti sulle colonne dei giornali politici e sportivi, di tutta Italia. Non si faceva solo del colore attorno alla gara livornese, che dopo essersi guadagnata la simpatia degli appassionati, occupava ora, per quel suo tracciato tutto dislivelli e sinuosità, l’attenzione dei tecnici, primo fra tutti Vittorio Jano, il geniale progettista dell’Alfa, che amava seguire il veloce carosello dal Paradisino o dal Castellaccio. E fu da quell’epoca, se la memoria non ci tradisce, che Quercianella cominciò ad ospitare nella stagione morta gli alfìsti che avevano scoperto nella “Montenero” un banco di prova ideale. La corsa livornese che aveva ormai il suo pubblico e che poteva contare su un’ottima stampa, sveltì e migliorò la sua organizzazione che, dopo aver riscosso il plauso dei più noti esperti italiani, fu spesso citata d’esempio agli organizzatori di altre importanti prove nazionali. Con due infaticabili lavoratori come Emanuele Tron e Gino Giubbilei; con dei collaboratori del valore di Alberto Filippi (Direttore della locale Sezione del R.A.C.I. sulla breccia dal 1927) con Falleni, Torelli e Poggiarelli, magnificamente assecondati da altri sportivi di provata capacità, il delicato meccanismo della “Ciano” si metteva in azione con facilità e funzionava con ammirevole scorrevolezza.
1931 - La gara acquista un particolare carattere di internazionalità per la presenza di Chiron. E’ la prima volta che una Bugatti prende il via guidata da un corridore straniero. Di Bugatti ne abbiamo contate parecchie in dieci anni, ma avevano sempre a bordo italiani. La difesa dei colori francesi è affidata oltre che a Chiron a Varzi e Castelbarco. La presenza dell’uomo di punta della Bugatti viene a conferire nuovo lustro alla nostra gara. Negli allenamenti Chiron ha abbordato le curve con tanta precisione e ha manovrata la sua vettura con tanta sicurezza che i sostenitori di Nuvolari cominciano a vederci poco chiaro. La corsa ha uno svolgimento elettrizzante. Il duello tra Nuvolari e Chiron solleva ondate d’entusiasmo. I due tallonati da Varzi, Fagioli e Campari, compiono, in curva, delle vere e proprie acrobazie. Sotto la mano di Chiron e di Varzi le maneggevoli Bugatti due litri fanno prodigi.
Varzi stabilisce il miglior tempo sul giro alla media di Km. 85.652, il mantovano si batte come un leone e Campari, il popolare “negher”, gli tiene bordone infilando i giri con una regolarità che sbalordisce. Nell’ultima parte della gara Nuvolari riesce ad acquistare un netto vantaggio su Chiron, che si classifica secondo. Terzo é Fagioli, su Maserati, quarto Campari, quinto Varzi. Il più audace dei corridori italiani si é imposto al più stilista dei piloti stranieri.
1932 - Il successore di Chiron nel Gran Premio di Monaco, il dominatore del Circuito delle Madonie, il vittorioso di Monza e di Reims, in breve Tazio Nuvolari é il degno primo classificato della XII “Montenero-Ciano”.
E’ ancora il binomio Nuvolari-Alfa che si impone alla folla sportiva; è ancora “Nivola” che pilotando la 2700 cmc ha conquistato pubblico e competenti per l’audacia della guida e la potenza del mezzo meccanico.
Le rosse macchine italiane hanno ottenuto a Livorno qualche cosa di più di una vittoria: è il trionfo. E la moltitudine che ha seguito con crescente interesse il rincorrersi delle vetture della grande casa milanese, che ha assistito con trepidazione al duello Nuvolari-Borzacchini, ha accolto l’arrivo di Campari, che completa la spettacolosa vittoria, con un particolare caldo, vibrante, applauso.
Come a Reims, come al Nurburg Ring, le Alfa occupano alla “Ciano” le prime tre posizioni. Ma gli appassionati, che si contano a decine di migliaia, non hanno dimenticato, nella clamorosa affermazione dell’industria italiana, uno sfortunato Achille Varzi che, con un mezzo meccanico inferiore (il galliatese corre con una Bugatti), ha esaurientemente dimostrato il suo grande valore.
1933- Nel campo internazionale degli sports meccanici si accendono le discussioni per una macchina, la Maserati tre litri, che presentata dallo sfortunato Sommer al Gran Premio di Tunisi è stata poi affidata a Nuvolari. Il mantovano torna alla “Ciano” quando non si è ancora spenta l’eco del suo trionfo nel secondo Gran Premio della stagione quello del Belgio, disputato sul circuito di Francorchamp. E i fratelli Maserati assidui della prova livornese, che da tempo hanno compreso come il Montenero sia il più severo tra i circuiti misti italiani, hanno inviato a Livorno anche il loro ultimo modello, la due litri, che viene affidata a un uomo di indubbio valore: Campari. I colori dell’Alfa Romeo sono difesi da Borzacchini, Brivio, Tadini, Taruffi e Fontana. Nuvolari, che nella precedente edizione aveva vinto con l’Alfa monoposto fa crollare, con la Maserati, fin dai primi giri, ogni primato. Nuvolari, in mancanza di avversari (il mantovano si classificherà primo con 8’ e 21” di vantaggio su Brivio) ingaggia un entusiasmante duello con il cronometro. Dietro Brivio si classifica Campari. I costruttori bolognesi possono essere soddisfatti. La 2000 cmc ha battuto numerose macchine di maggiore cilindrata. Dalla Villa di Castel d’Oreto, sul Castellaccio, hanno assistito allo svolgimento della “Ciano” le Loro Eccellenze il Conte e la Contessa Calvi di Bergoro, che faranno pervenire poi agli organizzatori il loro plauso per la perfetta organizzazione.
1934 - La scuderia Ferrari presenta agli sportivi toscani, il più giovane dei suoi piloti, l’algerino Moll, che con Varzi, Trossi e Farina formerà la squadra degli alfisti. Nuvolari con una gamba ancora irrigidita per una recente ferita, piloterà la Maserati tre litri.
Al previsto duello tra Nuvolari e Varzi porta un formidabile contributo Moll. Si era detto che questo giovanissimo asso del volante non si sarebbe trovato a proprio agio su un circuito misto, irto di difficoltà, come quello del “Montenero”; e invece l’algerino si dimostra un avversario di primissimo piano.
Nuvolari è attaccato a fondo da Moll e il mantovano, che, non può ottenere per l’indurimento dello sterzo, la abituale maneggevolezza dalla sua macchina, fa miracoli in curva per cercare di mantenere il lieve vantaggio su un così tenace e bravo rivale. Lentamente, ma inesorabilmente, Moll avanza, ma quando si ha l’impressione che l’algerino abbia conquistata la vittoria ecco Varzi che, con un fantastico ritorno, si classifica primo distaccando Moll di soli 9”. Nuvolari è terzo.
1935 - Tazio Nuvolari è il gran favorito della quindicesima edizione. A Brivio e Dreyfus il compito di far camminare svelto il caposquadra.
La nota saliente della gara è questa: nel 1934 malgrado la furiosa lotta scatenata da Moll e Varzi contro il mantovano, non è stata migliorata né la media sul percorso totale, né il tempo sul giro.
Quest’anno verranno invece demoliti tutti i precedenti primati ad opera naturalmente,di Nuvolari che in mancanza di avversari capaci di impegnarlo a fondo, ha ripreso, come nel 1933 a lottare contro il cronometro.
Al termine della gara, che ha avuto ventotto partenti e tredici arrivati, Nuvolari ha realizzato la media di Km. 88.808 percorrendo il giro in 13’15”4/5 con una velocità di Km.90.474.
1936- I circuiti stracittadini hanno il loro quarto d’ora di celebrità e anche gli organizzatori della “Ciano” per andare incontro al desiderio espresso dagli appassionati, modificano il tracciato della loro gara.
Si abbandona la parte montagnosa e l’anello stradale è ridotto da 20 a 7 km. La “Montenero” ha subito una grave amputazione, ma anche così il circuito livornese si presenta tra i più difficili.
Sono di scena le Auto-Union affidate a Rosemeyer, Varzi, Von Stuck.
La Scuderia Ferrari dispone di due Alfa dodici cilindri, pilotate da Nuvolari e Brivio e di due otto cilindri alla guida delle quali sono Pintacuda e Dreyfus. Era stata data appena la partenza che si verifica un colpo di scena. Nuvolari è fermo con la macchina inservibile.
Le tre Auto-Union, con Varzi in testa, già volano come bolidi, inseguite soltanto da Brivio. Nella zona del traguardo dove la folla gremisce ogni recinto il rientro di Nuvolari è accolto da un silenzio di tomba. Nuvolari che ha già vinto quattro edizioni della “Ciano” e che conta tra gli spettatori migliaia e migliaia di sostenitori, non può rinunciare a correre e non vi rinuncerà. All’inizio del terzo giro, il mantovano sostituisce Pintacuda nella guida di quella macchina che, a detta di tutti, non può certo competere con le auto tedesche. Ma Nuvolari che é partito mentre gli applausi assumevano l’intensità di un uragano, non é uomo da rinunciare alla battaglia e sotto il cospetto del più popolare tra i piloti europei con l’otto cilindri non corre, vola. Scomparso Rosemeyer, attardato Stuck, riprende alla “Ciano” un motivo conosciuto: Varzi contro Nuvolari. Tra i due però intanto si era insediato Brivio. Al ventesimo giro Nuvolari e Brivio si portano su Varzi e lo superano. Il “galliatese”, che aveva dovuto rallentare per il cattivo funzionamento dei freni, poco dopo abbandona. Scomparso Varzi, con Stuck nettamente staccato gli alfisti si classificano nell’ordine: Nuvolari, Brivio, Dreyfus. Al termine della corsa il pubblico invade la pista portando in trionfo Nuvolari e Brivio che, premuti, sballottati, abbracciati e baciati debbono prima di poter mettere i piedi in terra, sostare a lungo sulle spalle dei loro più accesi sostenitori. La media sul percorso totale fu di Km. 120 e metri 382 mentre sul giro Nuvolari fornì un 3’23”1/5, media km. 124.015.
Qui termina la storia di quella gara che ha quest’anno il grande onore di assumere il nome di “XV Gran Premio d’Italia - XVII Coppa Ciano”.
Il 12 settembre quando le macchine più veloci d’Europa affidate ai piloti più noti, prenderanno il “via” dalla Rotonda di Ardenza i superstiti organizzatori della prima “Montenero” ripenseranno a Brilli Peri, a Materassi, a Borzacchini, a Campari, a Moll… E nel ricordo degli scomparsi ci sentiremo ancora più uniti attorno a questa corsa che quest’anno per volere del R.A.C.I. ha raggiunta una mèta che malgrado la nostra sconfinata fiducia ritenevamo irraggiungibile.
(Enrico Bensi)
(Da “R.A.C.I.” Settimanale del Motore, dello Sport e del Turismo n°36, 9 settembre 1937)
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