XIIIa Coppa del Mare (25 Luglio 1937). Non disputata.
La crisi della Coppa del Mare e la tragedia della guerra
Il 1937 portò all'Auto-Moto Club Livorno un evento eccezionale: il Gran Premio d'ltalia automobilistico abbandonava la storica sede di Monza per approdare sul tracciato della Coppa Ciano. Ovviamente l'opera di Costanzo Ciano e di suo figlio Galeazzo, genero del Duce e Ministro della Stampa e Propaganda, dal quale dipendeva il Reale Automobil Club, non fu estranea a questa scelta ufficialmente motivata dalla maggior tortuosità del tracciato labronico nel confronto con il veloce autodromo monzese. Questo fatto avrebbe dovuto favorire le auto italiane, surclassate in quella stagione dalla potenza dei bolidi tedeschi Mercedes ed Auto Union. In realtà il nuovo tracciato del "Circuito del Miramare", che si sviluppava tutto in città, con partenza dalla Rotonda dell'Ardenza, Via Pacinotti, Via del Pastore, Via del Littoriale, Via A.Vespucci ad Antignano, Viale Vittorio Emanuele III per ritornare alla Rotonda dell'Ardenza-dopo circa sette chilometri di gara, cioè in pratica lo stesso tracciato adottato fin dalla stagione precedente che però il Direttore di Gara Renzo Castagneto aveva fatto accuratamente misurare dopo gli allenamenti ed era risultato essere 7218 metri anzichè i sette chilometri esatti comunicati dagli organizzatori, era sì più lento di Monza, ma certamente più veloce del vecchio circuito di montagna del Montenero dove, com'era successo al Nurburgring nel '35, la classe eccelsa di Nuvolari avrebbe potuto supplire all'inferiorità delle macchine italiane Così la speranza di riscatto si rivelò una pia illusione: anche a Livorno le argentee Mercedes dominarono con Rudi Caracciola davanti a Hermann Lang, e troveremo la prima delle auto italiane solo al settimo posto con l'Alfa Romeo di Nuvolari-Farina, che aveva concluso la gara appunto con Nino Farina al volante dopo che Tazio Nuvolari si era fermato al trentunesimo dei cinquanta giri in programma, stremato dallo sforzo di resistere alla supremazia germanica.
Lo sforzo organizzativo dell'Auto-Moto Club Livorno si era concentrato tutto sulla realizzazione del Gran Premio d'Italia automobilistico, uno sforzo titanico che costava al sodalizio labronico la rinuncia alla gara motociclistica per la realizzazione della quale non esistevano più risorse disponibili, nè umane nè finanziarie, tutte ingoiate dalla gara automobilistica. Basti pensare infatti che oltre al consueto monte premi. che per le auto ammontava ad una cifra intorno alle 150.000 lire in denaro oltre a premi in natura per un valore di circa 25.000 lire, contro al monte premi della Coppa del Mare motociclistica che era attestato su valori di 80-50.000 lire, la calata a Livorno dei grandi campioni tedeschi e delle case germaniche con le loro squadre ufficiali aveva sconvolto anche la consuetudine dell'Auto-Moto Club Livorno di non concedere premi di partenza ai partecipanti, ma solo appunto premi d'arrivo, e la cosa pesava enormemente sulle finanze del sodalizio viste le notevoli richieste di Mercedes ed Auto Union.
Eppure la Coppa del Mare, giunta nel 1937 alla sua tredicesima edizione e messa in calendario per il 25 luglio era stata anche intitolata come Gran Premio della RFMI e sarebbe stata valida come terza prova del Campionato Italiano 1.a Categoria. Dopo la rinuncia a disputare la XIII Coppa del Mare la validità quale prova di campionato fu così attribuita al Gran Premio dell'Urbe sulla pista del Littorio a Roma, mentre al Circuito di Bari andò la titolazione di Gran Premio della RFMI. Purtroppo la decisione di rinunciare alla gara delle motociclette, che sembrava assolutamente temporanea, sarebbe invece diventata definitiva. Anche per il 1938 il calendario della RFMI avrebbe inserito per il 31 luglio la XIV Coppa del Mare ma la gara automobilistica, che vedeva in lizza le vetture della Formula Uno secondo la nuova regolamentazione basata sulla cilindrata, 3000cc con compressore o 4500cc per motori aspirati, abbandonando così la formula dei 750 kg che era stata in vigore fino all'anno precedente, assorbiva ancora una volta ogni risorsa e non consentiva spazio ad altre iniziative.
La gara automobilistica vide anche nel 1938 il trionfo della Mercedes con Hermann Lang al volante alla nuova media record di 140,030 km/h, davanti alle Alfa Romeo di Giuseppe Farina e della coppia composta da Jean Pierre Wimille e Clemente Biondetti. Questo nuovo successo dell'industria tedesca convinse gli organizzatori livornesi ad aprire l'edizione 1939 della Coppa Ciano alle vetturette da 1500cc nella speranza di arginare la supremazia germanica, ed infatti l'edizione 1939 della Coppa Ciano vide il successo di Giuseppe Farina che portò l'Alfa Romeo 158 alla vittoria davanti alla Maserati del beniamino locale Franco Cortese, con al terzo posto ancora un'Alfa Romeo, quella dei fiorentini Biondetti e Carletto Pintacuda, ma non possiamo dimenticare che le terribili Mercedes W185 di 1500cc che avevano sgominato le macchine italiane a Tripoli avevano disertato il Montenero.
La RFMI avrebbe messo a calendario anche per il 1939 la XV Coppa del Mare, ma ormai i venti di guerra cominciavano a soffiare sull'Europa e gli organizzatori rinunciarono ancora una volta a riportare le moto sul lungomare di Livorno. Fra l'altro nel giugno del 1939 era morto Costanzo Ciano. Veniva così a mancare un grande punto di riferimento e di sostegno, sia per l'intera organizzazione dell'Estate Livornese che per lo sport cittadino in genere.
L'eredità politica di Costanzo Ciano si trasferiva così definitivamente sulle spalle del figlio Gian Galeazzo Nato a Livorno nel 1903, Galeazzo aveva sposato nel 1930 Edda Mussolini, figlia primogenita del Duce. Al momento del matrimonio Galeazzo, neppure trentenne, aveva solo esperienza di cose letterarie e giornalistiche, ma s'impegnò subito a farsi quella cultura degli affari politici che gli difettava. Dapprima Console d'Italia a Shangai, poi nel 1933 forniva buona prova di sè aggregato ad importanti missioni politiche e diplomatiche. Intelligente, astuto, ambizioso, Galeazzo si rese presto indispensabile, magari sembrando anche più bravo di quanto fosse in realtà, tant'è che ben presto al fresco sposo di Edda veniva affibbiato il soprannome di "Ducellino". Nel 1934 Mussolini gli affidava un posto di estrema delicatezza e responsabilità: sottosegretario alla Stampa e Propaganda, che nell'anno successivo sarebbe diventato un Ministero. Fu in questa posizione
che Galeazzo Giano, probabilmente spronato dal padre si impegno per trasferire da Monza a Livorno il Gran Premio d'Italia automobilistico. Ma ormai Galeazzo era lontano dagli affari livornesi, completamente coinvolto nella politica del regime, ed ancor più lo divenne con la nomina a Ministro degli Esteri, diventando così in pratica il numero due del regime.
Le gloriose gare livornesi non trovarono così in Galeazzo Ciano alcun baluardo difensivo, ma ormai nessuno ci sarebbe riuscito, contro i venti di guerra che nel 1939 soffiavano ormai con impeto inarrestabile. La gara labronica avrebbe inutilmente più tardi, quando si sarebbe conclusa la tragedia della guerra, trovato più la capacità di risorgere stabilmente dalle ceneri. D'altra parte ben diverse erano le necessità di una città duramente ferita dal conflitto che non il rincorrere il mito dell'eroe vittorioso e della velocità esaltati dal fascismo e dal futurismo. Ottenere i necessari permessi dalle Autorità, del tutto diverse da quelle di un tempo, divenne un problema quasi insormontabile. Altre grandi gare fiorite sotto il regime, come ad esempio la Mille Miglia, furono salvate dalla logica che "...è stato possibile organizzarla durante il fascismo, allora si deve dimostrare che in Italia si può organizzarla anche in regime democratico e repubblicano...", ma per il Circuito del Montenero questo non accadde, malgrado gli indomiti sforzi degli appassionati livornesi di far risorgere stabilmente la loro splendida gara.
(Maurizio Mazzoni: "Lampi sul Tirreno. Le moto e le auto sul Circuito di Montenero a Livorno", Centro Stampa Consiglio Regionale della Toscana, Firenze, 2006.)
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