Ia Coppa del Mare (24 Agosto 1924)
L'unione delle attività automobilistiche e motociclistiche nel potente Auto-Moto Club locale, consentiva ai soci delle due ruote di poter contare su una sinergia di risorse dalla quale la moto poteva trarre solo dei vantaggi. Fu così che nel 1923 si cominciò a pensare di portare le moto in gara sul Circuito del Montenero, dove le automobili stavano già disputando la terza edizione della gara a loro riservata.
ll 2 settembre 1923 venne messa in Calendario una Coppa Montenero dal AMC Livorno, riservata alle moto da disputare sulla parte cittadina dello stesso circuito utilizzato dalle auto, ma nacquero profondi problemi con
le autorità locali che non consentirono l'uso delle strade interessate dal circuito e la manifestazione, che prevedeva una gara per moto di serie ed una prova riservata alle signore, non venne effettuata. L'AMC Livorno decise allora di effettuare comunque una gara motociclistica sul
circuito Livorno - Terme di Casciana, ma il Real Moto Club d'Italia negò a questa manifestazione lo status di gara "nazionale", cosicchè la gara, inizialmente riservata ai soli soci del AMC Livorno, non venne alla fine disputata.
Per ammirare finalmente anche le moto sullo splendido circuito del Montenero bisognava così aspettare il 24 agosto 1924, proprio mentre il paese era in subbuglio per l'assassinio di Giacomo Matteotti del quale il venerdì precedente la gara si erano svolti i funerali a Fratta Polesine.
Così mentre le auto disputavano la loro quarta Coppa Montenero le moto scendevano in lizza per la prima Coppa del Mare.
Trentadue gli iscritti alla gara, suddivisi nelle classi 350, 500 e l000cc.
Ecco come la rivista Motociclismo descrive il tracciato della gara livornese:
"Strada ricca di curve, di dislivelli brevi ma violentissimi ed aspri, nonchè anche di un ottimo rettilineo lungo diversi chilometri; quindi percorso vario, non facile, e sul quale l'elemento "uomo" aveva certamente buon gioco, mentre le doti delle macchine, specialmente la ripresa e la stabilità, venivano messe a dura prova."
Un percorso le cui caratteristiche non penalizzavano eccessivamente le piccole cilindrate, come i risultati della gara avrebbero poi dimostrato.
Fra gli assi presenti a Livorno il Campione d'Italia Amedeo Ruggeri, venuto in Toscana per le pressanti insistenze di Francesco Susini, rappresentante cittadino della Indian.
Ruggeri, che non era in perfette condizioni fisiche in quanto era sotto terapia antirabbica per il morso di un cane, compì alla vigilia un accurato sopralluogo lungo il percorso in auto con Ugo Susini, che con Gaetano Bruschi era il meccanico Indian al quale era affidata per l'occasione
la moto del campione, e quindi aveva successivamente compiuto qualche giro in moto insieme ad Umberto Susini che si era iscritto alla gara con una Indian 500.
Il via era previsto alle ore 9, con un intervallo di un minuto fra le varie partenze.
Per prime si avviavano le due classi più piccole, i cui piloti partivano due a due, mentre i piloti delle grosse 1000, che partivano per ultimi.
prendevano il via individualmente. Disillusione fra gli sportivi per la rinuncia dello squadrone ufficiale Harley Davidson che aveva iscritto Cantarini e Faraglia, non presentatisi alla partenza, per cui le moto di Milwaukee erano affidate solo a non velocissimi, seppur volenterosi indipendenti fra i quali il cecinese Del Corso.
ll fortissimo vento di libeccio che spazzava il lungomare, alzando un gran polverone, fece subito le sue vittime, con le cadute al primo giro dei livornesi Nello Ricci ed Umberto Susini e del giornalista svizzero, ma residente a Livorno, Guglielmo Zanda, in gara con lo pseudonimo di "Lug".
Alla chiusura del primo giro era già al comando lo scatenato gigante bolognese Amedeo Ruggeri con l'Indian 1000, che aveva distanziato di quasi un minuto la Sarolea 500 del fiorentino Pietro Saladini; più indietro erano l'Harley Davidson 1000 di Luigi Del Re, la Frera 350 di Ugo Prini
seguita dal fiorentino Annibale Galli sull'inglese Dot 350 e dal livornese Nicola Chiesa, incitato a gran voce dai suoi concittadini, ma che doveva registrare un ritardo di oltre due minuti dal leader della gara.
Ma alla conclusione del secondo giro Ruggeri arrivava ai box con la leva del cambio rotta e la riparazione richiedeva ben dodici minuti cosicchè
era Saladini a assumere il comando delle operazioni.
Mentre vari inconvenienti decimavano i concorrenti, con i ritiri di Vignoli (Stucchi), Landi (Motosacoche), Ballerini (Dot), Benso (Royal Enfield) e Biondetti (Cotton), in testa Saladini viaggiava regolarissimo con Galli e Chiesa alle spalle.
Riparata la leva del cambio Ruggeri ripartiva e si metteva a viaggiare come indiavolato, ma davanti i primi erano ormai troppo lontani.
Il quinto, ed ultimo, giro faceva registrare una vera ecatombe fra i concorrenti superstiti: una caduta toglieva di scena Prini, poi si fermava Del Corso per rottura della sella, seguito poco dopo da Del Re che si fermava con la catena rotta; infine Bucalossi e Pacioselli si ritiravano per forature.
Ma il colpo di scena principale arrivava a metà dell'ultimo giro, a nemmeno dieci chilometri dal traguardo: Saladini, nettamente in testa in quel momento, forava una gomma, lasciando così la vittoria assoluta nelle mani di Annibale Galli che portava al successo la piccola Dot 350, una moto inglese che gli era stata messa a disposizione da Mario Viscioli, importatore attraverso la ditta Mara di Firenze delle moto britanniche in Italia ed il cui marchio era l'acronimo delle parole "Devoid Of Trouble" (esente da problemi), un motto che nell'occasione aveva funzionato a meraviglia, anche se in realtà l'affidabilità della Dot non era sempre
assicurata. La vittoria di Annibale Galli arrivava dopo una lunga serie di piazzamenti che avevano caratterizzato la stagione del pilota fiorentino, al Circuito del Chianti, alla Collina Pistoiese, alla Coppa della Consuma ed al Circuito di Tortona, mentre la Dot confermava le doti di velocità, stabilità ed accelerazione che aveva messo in luce nelle gare britanniche. Alle spalle del vincitore l'ottimo Nicola Chiesa conquistava davanti al pubblico di casa la piazza d'onore con la Ajs 350, ed ancora una moto di 350cc di
cilindrata era la terza assoluta, la Frera di Ugo Prini.
Come abbiamo visto Ruggeri guidava per l'occasione la moto che Arturo Baldi, agente della Indian per Firenze e regione, teneva in Firenze disponibile per i piloti ufficiali che venivano a correre in Toscana e che per l'occasione era stata affidata alle cure della Concessionaria Susini.
I piloti ufficiali Indian potevano cosi arrivare a destinazione comodamente in ferrovia, senza doversi preoccupare del mezzo che trovavano perfettamente pronto.
Il pilota bolognese, pur sconfitto, non usciva affatto diminuito dalla gara livornese, gettandosi dopo lo stop per le riparazioni della leva spezzata a corpo morto in una rimonta disperata, anche se alla fine il suo sforzo non bastava a colmare il distacco sofferto. Ma, escluso il grande Ruggeri, la 1000 non aveva offerto un granchè, dato che le Harley Davidson in gara erano affidate a guidatori appassionati, ma non in grado di sfruttare appieno sul difficile percorso le doti della moto di Milwaukee.
Anche le mezzo litro non avevano brillato particolarmente: la disavventura finale di Saladini offriva la vittoria su un piatto d'argento alla Frera di Ezio Dilaghi che precedeva per pochi secondi la PM del pistoiese Mario Cecchini, una moto che, ad onta dello slogan pubblicitario basato sulla sigla del marchio, "The Perfect Motorcycle" aveva caratteristiche poco più che turistiche.
L'inaspettata vittoria di Galli faceva lievitare le quote del totalizzatore che era stato organizzato nell'occasione, destinando il ricavato alla Confraternita di Carità cittadina; il successo del pilota fiorentino era stato pagato molto bene, addirittura a 67 vincente, a 21 piazzato ed a 37
come vincitore di classe, mentre Prini piazzato veniva pagato a 32.
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