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XIIa COPPA DEL MARE (1936) |
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XIIa Coppa del Mare (28 Luglio 1936) Il 1936 portò una grande novità all'Auto-Moto Club Livorno: le gare organizzate nell'ambito dell'Estate Livornese abbandonavano lo storico tracciato del Montenero con il classico giro collinare di oltre venti chilometri per scegliere un nuovo tracciato, definito "Circuito del Miramare", che si sviluppava tutto in città, con partenza da Ardenza Mare, Via della Torre, Ardenza Terra, Via del Littorale, Via Aurelia, Piazza Bartolomeo (Antignano), Via Aurelia (Miramare), Via Amerigo Vespucci, Via Duca Cosimo, Piazza Dino Leoni, Piazza del Castello, Viale Vittorio Emanuele, Rotonda dell'Ardenza per un totale di sette chilometri da percorrere trentasei volte, cioè una distanza di gara complessiva di 252 chilometri. Un percorso che non incontrò però tutte le simpatie dei concorrenti; se da un lato la gara acquistava in spettacolarità, per l'aumentata frequenza dei passaggi, il circuito montagnoso del Montenero godeva di troppe simpatie per non dover essere ricordato con nostalgia dai corridori. Tolta la parte montagnosa rimaneva, infatti, un circuito cittadino, caratterizzato dal tornante della boa. Naturalmente l'abolizione dei punti più impegnativi del vecchio tracciato facevano anche salire notevolmente le medie, innalzando, nel caso delle moto, il primato sul giro dagli 87 km/h di Tenni nel 1935 ai 108 km/h attuali del campione trevigiano della Guzzi prima dell'abbandono. Comunque il pubblico rispondeva favorevolmente alla novità, e questo era un dettaglio non da poco per il Comitato organizzatore; probabilmente la maggior vicinanza alla città dell'intero tracciato facilitava l'accesso degli spettatori che affollavano non solo le nuove, grandi tribune sul rettilineo d'arrivo, ma si assiepava entusiasta lungo tutto il tracciato di gara. Inoltre il più breve percorso cittadino consentiva un maggior controllo degli accessi, assai più dispersivo nella parte montagnosa e che era stato una perenne spina nel fianco degli organizzatori per i tanti portoghesi che negli anni precedenti si portavano sul tracciato di gara attraverso la campagna, eludendo i punti di riscossione. A fine primavera Livorno era stata scossa dalla morte, avvenuta in Africa Orientale dove si era arruolato volontario, del Tenente del Genio Edoardo "Dino" Mascagni il figlio del grande compositore Pietro e costruttore delle Junior che avevano conosciuto una discreta diffusione commerciale, soprattutto in Toscana. Un avvenimento da sottolineare sul proscenio sportivo di quell'anno 1936 era anche la partecipazione di Omobono Tenni alla Mille Miglia automobilistica; al volante di una Maserati 1500 compressore in coppia con Guerino Bertocchi l'asso trevigiano, malgrado un disinvolto stile di guida sicuramente più improntato all'audacia che alla precisione, non solo si imponeva nella sua classe, ma si classificava anche quinto assoluto. Il monte premi della gara livornese era come sempre molto interessante, con un ammontare totale di Lit. 25.000 di cui: a) Lit. 20.000 premi di classifica di classe così suddivisi: Lit. 2.400 al primo di ogni classe, Lit. 1.500 al secondo, Lit. 1.200 al terzo, Lit. 600 al quarto, Lit 300 al quinto, gli importi eventualmente non assegnati sarebbero stati ripartiti in parti uguali ai piloti classificati in tutte e tre le classi. Oltre al premio di classe al conduttore miglior tempo sul percorso totale Lit. 1.000. Al conduttore della minore cilindrata che avesse superato nel tempo finale la cilindrata superiore ulteriori Lit. 1.000, se questa eventualità non si fosse verificata sarebbe stato previsto un premio speciale su indicazione CSN e su rapporto degli ufficiali di gara al pilota che si fosse dimostrato il migliore in gara; b) Lit. 5.000 riservate al pagamento dei giri ai piloti non classificati o classificati dopo il quinto così ripartiti: Lit. 300 a tutti i concorrenti in tempo massimo, Lit. 250 a tutti quelli che avessero percorso 30 giri, Lit. 200 per venticinque giri, Lit. 175 venti giri, Lit. 150 quindici giri, Lit. 125 dieci giri, Lit. 100 cinque giri, se non assegnata interamente questa cifra la differenza sarebbe stata ripartita proporzionalmente ai giri compiuti. Era previsto inoltre un premio speciale dell'Associazione Motociclistica di Livorno per il vincitore assoluto pari a Lit. 200 ed una grande medaglia d'oro. Le operazioni preliminari erano previste per le ore 9 del 25 luglio presso la Sede Provinciale di Livorno, con termine alle ore 17. Il ritrovo per la partenza era fissato per le ore 14 all'Ardenza, con partenza alle ore 15,30 a motore spento secondo un ordine di allineamento a sorteggio che si sarebbe svolto presso la Sede Provinciale di Livorno del RACI alle ore 21 del 24 luglio. Da rimarcare come il tempo massimo per essere classificati era aumentato a 20 minuti dopo l'arrivo del primo di ogni classe dopo il disastro del 1935, quando il terzo classificato della 500 Bandini aveva concluso fuori tempo massimo perdendo così punti per il campionato nazionale. Infatti la Coppa del Mare edizione 1936 era la prima gara del Campionato Italiano Prima Categoria, malgrado si disputasse alla fine di luglio. Il ritardo dell'inizio del campionato era dovuto alla guerra in Africa Orientale, terminata vittoriosamente solo all'inizio dell'estate, ed alle conseguenti sanzioni economiche proclamata contro il Regno d'Italia da parte della Società delle Nazioni. Infatti qualche "vittima" illustre si era avuta, il Circuito del Lario era stato nuovamente sospeso ed i piloti italiani non avevano svolto una grande attività: c'era stato i primi di luglio il Gran Premio della FICM, in pratica il campionato europeo, a Chemnitz sul classico tracciato del Sachsenring, e per la Germania nazista nell'anno dell'Olimpiade di Berlino la gara aveva assunto il sapore di una Olimpiade del Motore. Ma in terra tedesca c'era stata poca fortuna per i nostri colori, con Tenni e Pigorini impegnati con la Guzzi sia in 500 che in 250 e costretti a fermarsi dopo aver dominato le fasi iniziali della gara in entrambe le corse. In ogni caso, in un paese euforico per la fine della guerra coloniale, per la vittoria e la proclamazione dell'Impero il campionato, seppur ridotto a sole tre prove, era stato finalmente varato e Livorno si preparava a celebrarne degnamente l'inizio. Gli organizzatori livornesi riuscirono a presentare al via anche alcuni piloti austriaci: non grandi nomi, soprattutto si trattava di specialisti delle corse dirt-track su cenere che avevano ottenuto un po' d'ingaggio per venire a Livorno. Questo fatto mosse anche un accenno di risentita polemica da parte della stampa specializzata che se ingaggio ci doveva essere avrebbe preferito veder spendere quei soldi per piloti come Woods, Guthrie, White & C., una soluzione però sicuramente improponibile in un periodo storico nel quale appunto le sanzioni economiche dettate dalla Gran Bretagna cercavano di affossare l'Italia. In effetti si può agevolmente vedere come a fine gara Schorg si sarebbe portato a casa diversi biglietti da mille delle non ancora svalutate lire per una vittoria facile ed ottenuta ad una media ridicola. Con la squadra Guzzi ridotta a sole due unità, Tenni in 500 e Pigorini in 250, la squadra Benelli 250 assente dopo la delusione del Sachsenring, la presenza degli stranieri fu una vera manna dal cielo, perchè in tutto si schierarono al via venticinque piloti e, se fossero venuti a mancare anche quei sei... Fortunatamente la Bianchi aveva risposto all'appello e schierava tre 500 ufficiali per un tris di piloti giovani e veloci, Dorino Serafini, Carlo Fumagalli e Nello Pagani, cosicchè lo spettacolo contro la bicilindrica di Tenni era assicurato, così come il folto gruppo delle 350 faceva prevedere una gara di buon livello, mentre la 250 avrebbe dovuto essere una passeggiata per Aldo Pigorini, al quale si opponevano solo Schorg ed il giovanissimo Enrico Lorenzetti che, iscritto con una Miller della romana Scuderia Impero, era stato poi costretto a ripiegare su una normalissima BSA stradale per il mancato arrivo della moto da corsa. Nella battaglia delle mezzo litro il tema tattico della gara apparve subito chiaro, con la Bianchi di Serafini pancia a terra fin dal via nell'intento di sfiancare la solitaria Guzzi di Tenni, mentre le altre moto di Viale Abruzzi con Fumagalli e Pagani seguivano non lontane dai leader, ma navigando in condizioni di sicurezza, pronte ad entrare nel vivo della lotta con le armi ancora affilate. Ed infatti la tattica messa a punto dal Direttore Commerciale della Bianchi, Cav. Uff. Aldo Luigi Zambrini che seguiva la squadra milanese a Livorno, avrebbe dato ottimi frutti con Tenni caduto già nelle fasi iniziali durante l'accesa battaglia con Serafini e le tre Bianchi trionfatrici sotto la bandiera a scacchi. Nella classe 350 si poteva assistere all'esordio della nuova MM con telaio elastico, ma la creazione dei bravi tecnici bolognesi Morini e Mazzetti, pur fornendo un'eccellente impressione, si rivelò ancora acerba nella messa a punto, costringendo i due piloti Lama e Sandri a cedere le armi davanti alla vecchia, ma perfettamente a punto, Norton di Guido Cerato. Nella 250 poi una serie di grottesche vicende avrebbero portato al successo non la favoritissima Guzzi di Pigorini, bensì l'austriaco Schorg in sella alla modesta Ardie, una moto tedesca mossa dal motore inglese Jap con cambio manuale e che aveva l'unico vanto d'essere la moto preferita da Eva Braun, la giovane favorita di Adolf Hitler, che era una grande appassionata di motociclette insieme alle sorelle Inge ed Herta. La gara prendeva il via in un assolato pomeriggio alle 15,30 alla presenza di Costanzo Ciano e della consorte Contessa Carolina; starter il Generale Leonardi, assistito dal vicepresidente della RFMI Lodi-Focardi. Alla partenza non si presentarono Leonini, Martelli, Pasqualini ed Acolonian, mentre le due Benelli 250 di Alberti ed Aldrighetti, pur regolarmente iscritte, erano state attese invano alle operazioni di punzonatura pre-gara. Partenza in linea, come di consueto, con le tre categorie separate da un breve intervallo. All'abbassarsi della bandierina i più pronti furono Serafini, Corbolotti, Sandri e Lama, mentre il livornese Chiesa partiva in ritardo e l'austriaco Link, ancora più sfortunato, restava al palo finchè, dopo inutili sforzi di avviare la sua Norton. rientrava mestamente ai box. Al primo giro transitava per primo davanti alle gremitissime tribune Serafini con Tenni distanziato di un centinaio di metri, che avevano alle loro spalle le altre due Bianchi di Fumagalli e Pagani. Sandri, primo delle 350, iniziava il suo Calvario con una serie di fermate ai box per problemi al cambio; il pilota bolognese avrebbe così perduto moltissimo tempo e sarebbe poi ripartito solo per stabilire i primati sul giro e collaudare così le doti velocistiche della nuova MM. Dopo Sandri era la volta di Pigorini a passare sotto il traguardo, primo delle 250 e tallonato da Rossetti con la Norton, che era così già virtualmente al comando della 350. Seguivano quindi Lama, con l'altra MM ancora del vecchio modello, Nocchi, Benigni, Secchi, Boccolini, il casalese De Giovanni, campione italiano 500 di seconda categoria della stagione precedente, quindi il giovane Lorenzetti, secondo delle 250, Cerato e via via tutti gli altri, con Schorg e Clemencigh a chiudere la fila. Mentre nelle categorie inferiori Pigorini e Bossetti, quasi appaiati, godevano di un buon vantaggio sui rivali, il duello fra Serafini e Tenni polarizzava immediatamente l'interesse della folla. Tenni, incurante di ogni tatticismo, com'era nella sua indole battagliera, si avvicinava sempre più a Serafini ed alla conclusione del quarto giro, con un affondo deciso, lo superava sul rettilineo di Antignano poco prima del traguardo transitando sull'arrivo con una trentina di metri di vantaggio. Lanciati come meteore i due campioni si avventavano sul Tornante della boa, Tenni davanti e Serafini alla sua ruota. Nella potente frenata l'asso trevigiano sbandava e non riusciva a controllare la bicilindrica Guzzi, anche a causa della spalla destra dolorante per una rovinosa caduta fatta in allenamento; la moto scappava di mano a Tenni ed il pilota ruzzolava qualche metro lontano. Serafini riusciva con mirabile prontezza a scansare il rivale, filando via fra gli applausi della folla che aveva assistito trattenendo il respiro alla drammatica scena. Il campione della Guzzi si rialzava rimettendosi in marcia per raggiungere i box che si trovavano a pochi metri dalla caduta nella quale si era rotta la leva del freno. Ai box della Guzzi si tentò di riparare velocemente i danni, ma intanto Serafini aveva già compiuto un intero giro e Tenni era sempre fermo; quando finalmente il campione d'Italia si rimise in sella applauditissimo, le tre Bianchi erano già transitate e guidavano la gara con un giro di vantaggio! Cinque giri condotti allo spasimo in un furioso inseguimento, poi Tenni cadeva una seconda volta a causa di una grossa macchia d'olio lasciata da un altro concorrente; anche stavolta il campione d'Italia non riportava ferite, ma il cambio della Guzzi si rompeva definitivamente e Tenni era così costretto al ritiro. La scomparsa di Tenni diminuiva indubbiamente l'interesse alla corsa, ma non toglieva alcun merito al grande successo della Bianchi. E che questo successo fosse essenzialmente dovuto al merito delle moto milanesi si poteva vedere dal fatto che Tenni, nell'orgasmo di superare l'avversario, aveva compiuto indubbiamente un magnifico sforzo facendo registrare il record sul giro ma con tutto ciò la sua media era solo di un chilometro e mezzo superiore a quella sul percorso totale fatto registrare da Dorino Serafini, malgrado che, scomparso l'unico rivale, questi non avesse avuto più bisogno di forzare per la vittoria. Alle spalle delle Bianchi Rossetti si trovava sempre in testa alle 350, senza però riuscire a scrollarsi di dosso la 250 di Pigorini. Ottima la gara di Benigni, sempre più incalzato da Lama. Quindi si trovava Sandri, in forte ritardo per i problemi iniziali, che batteva più volte il record sul giro di categoria. Al dodicesimo giro abbandonavano Chiesa e Boccolini; al quindicesimo scompariva Lorenzetti che occupava la seconda piazza delle 250, ed un giro dopo era la volta di Clemencigh a lasciare la scena. Al diciannovesimo giro la classifica della 350 aveva uno scossone con l'abbandono di Amilcare Rossetti; il comando veniva rilevato da Francesco Lama seguito da Guido Cerato che, con una gara ammirevole, aveva rimontato diverse posizioni, mentre Biagio Nocchi al ventunesimo giro era costretto alla resa. Lama e Cerato ingaggiavano una furiosa battaglia per il successo di categoria. Lama sembrava avere la meglio, ma l'allentamento di un bullone della forcella alla sua MM permetteva a Cerato di assumere il comando al trentesimo giro, mentre per il giovane faentino della MM iniziava una personale Via Crucis che gli faceva perdere anche il secondo posto di classe, superato alla fine dal giovane Albino Milani con la Norton. Intanto nella 250 il dominatore Aldo Pigorini cominciava ad accusare noie al magnete della Guzzi, dilapidando poco per volta in lunghe fermate ai box il suo vantaggio. Per dare un'idea della beffa sofferta da Pigorini diremo che, dopo la prima sosta di oltre venti minuti ai box per pulire le spazzole del magnete, Pigorini riprendeva la gara ancora in testa alla categoria; poi una nuova sosta per più di un quarto d'ora permetteva a Schorg di prendere il comando, ed ormai era troppo tardi per riuscire in una disperata rimonta. Anzi alla fine si ebbe anche un piccolo giallo, perchè dopo il transito di Schorg sotto il traguardo la gara venne dichiarata conclusa e Pigorini fu così considerato come ritirato al 36° giro! Dopo la gara Pigorini e la Guzzi inoltravano alla RFMI immediato reclamo perchè, con la gara conclusa, il pubblico aveva invaso la sede stradale e Pigorini era stato messo nell'impossibilità di completare il giro, risultando così ritirato. Il reclamo venne accolto e Pigorini venne così classificato secondo ad un giro dal vincitore. Anche se ovviamente la cosa non aveva una grandissima influenza per la Coppa del Mare in sè stessa, con la vittoria ed i quattrini del premio finiti nelle tasche di Schorg, ben diversa era la faccenda nell'ottica del Campionato italiano Prima Categoria, perchè Pigorini diventava così il primo dei piloti italiani e conquistava il massimo punteggio, ed in effetti se all'asso di Novate Milanese questa vittoria non avrebbe ugualmente consentito di conquistare a fine stagione la maglia tricolore, finita sulle spalle di Celeste Cavaciuti, avrebbe però consentito alla Moto Guzzi di aggiudicarsi il titolo nazionale per i costruttori davanti alla rivale Benelli che aveva disertato la gara livornese Il successivo ricorso della Benelli, appunto interessata per il titolo nazionale, avverso a tale decisione venne respinto perchè il regolamento internazionale della FICM sotto il quale si svolgeva la gara prevedeva appunto questa eventualità. Storia chiusa nella 500 con il terzetto delle Bianchi davanti a tutti e lo splendido Serafini che precedeva Fumagalli, ancora acciaccato dopo un violento ruzzolone sulla pista di Monza, e Pagani che, per il rallentamento dell'attività sportiva dovuta agli eventi bellici, difettava ancora un po' nella confidenza con la sua nuova cavalcatura. Dopo un mese la Livorno sportiva riceveva un brutto colpo: a Pescara, durante le prove della Coppa Acerbo seconda gara di campionato che si svolgeva su un circuito stradale di oltre 25 chilometri, moriva il giovane Primo Leonini che urtava al 17° km, il punto dove era morto in auto Guy Moll, contro una mucca che aveva invaso la sede stradale senza essere fermata dal servizio di vigilanza. Raccolto in condizioni disperate il pilota livornese moriva in serata senza riprendere conoscenza all'ospedale di Pescara, lasciando moglie e due figli, l'ultimo dei quali era nato dieci giorni prima l'incidente. E l'ombra nera del destino avrebbe colpito un anno dopo a Roma anche Aldo Pigorini, l'eroe sfortunato delle 250 sulle strade livornesi. Ma per il momento Livorno poteva entusiasmarsi ancora per una nuova medaglia d'argento alle Olimpiadi di Berlino conquistata nel canottaggio dagli Scarronzoni i mitici vogatori livornesi reclutati nell'ambiente dei poderosi equipaggi dei gozzi a dieci remi dei cosiddetti "Risiatori" di vedetta nei giorni di burrasca per vogare in aiuto delle navi alle quali la mareggiata impediva l'entrata in porto e che regalarono allo sport livornese tre lustri di strepitosi successi, malgrado la costante avversione del regime in quanto politicamente non allineati. |