XIa Coppa del Mare 1935
Il 1935 fu una stagione indimenticabile per la Moto Guzzi, e l'undicesima edizione della Coppa del Mare, messa in calendario alla fine di luglio, valida quale quarta e penultima prova del Campionato Italiano per piloti di Prima Categoria, non fece eccezione alla grande stagione della casa di Mandello Lario.
L'adozione del telaio elastico da parte della Guzzi, prima per la 500 e quindi anche per la 250, ed il grandissimo lavoro di messa a punto, concentrato soprattutto sulla bicilindrica, portarono le Aquile di Mandello ad un livello eccezionale, il tutto purtroppo però a scapito dei clienti sportivi, perchè la Guzzi, che aveva tolto dal listino anche la 250SS destinata ai privati, non forniva più moto al di fuori della squadra ufficiale, a causa dell'oneroso impegno diretto in due classi.
Eppure la stagione era iniziata con una brutta sconfitta a Tripoli, sul Circuito della Mellaha, dove le Guzzi di Tenni, Aldrighetti e Bandini erano state costrette ad abbassare bandiera bianca contro le Rondine di Taruffi e Rossetti; ma nonostante l'amarezza della sconfitta, da Tripoli erano arrivate notizie confortanti visto che prima di ritirarsi Tenni aveva fatto segnare un record monstre sul giro che le Rondine non avevano minimamente avvicinato. Ma il grande appuntamento successivo non sfuggì alla Guzzi; il 28 aprile alla Milano-Napoli (ancora non si arrivava fino a Taranto) che per la prima volta affrontava sull'Appennino i passi della Raticosa e della Futa fra Bologna e Firenze, abbandonando il tradizionale valico di Porretta e della Collina Pistoiese. Un grande trionfo con Tenni vincitore a media record, 107,910 km/h, davanti ai compagni di squadra Aldrighetti e Bandini, con la Guzzi 250 di Riccardo Brusi quarta assoluta.
Il 25 maggio la sfida si spostava sulla pista di Monza per il Gran Premio del Reale Moto Club d'Italia, e nuova vittoria Guzzi con un'appassionante volata fra Bandini e Tenni, terzo Aldrighetti e quarto assoluto Aldo Pigorini con la 250. Poi a giugno la magica doppietta del Tourist Trophy, dove venne schierato anche il grande asso irlandese Stanley Woods. Nel Lightweight TT, riservato alla 250, dopo quattro giri le due rosse moto di Mandello erano al comando con Woods davanti a Tenni, autore di una grande rimonta dopo una partenza stentata; ma al quinto giro Tenni cadeva in un tratto nebbioso ed era costretto al ritiro. Ma Stanley Woods dominava fino alla fine e la Guzzi entrava nella storia come prima moto italiana ad espugnare la roccaforte britannica.
Purtroppo nella caduta Tenni aveva riportato ferite che non gli consentirono di schierarsi nel Senior TT, la gara delle 500. Ma Woods sbaragliava anche da solo la concorrenza, con un giro finale fantastico che, iniziato con 26" di distacco dalla Norton del capofila Jimmy Guthrie, lo portava a concludere con 4" di vantaggio sul grande asso inglese sul traguardo di Douglas.
Ma appena tre settimane prima dell'appuntamento livornese, il 7 luglio, si era disputato il Circuito del Lario, dove la Guzzi aveva sofferto una cocente batosta ad opera della Bianchi di Dorino Serafini, sconfitta ancor più bruciante perchè ottenuta sulle strade di casa. Questa sconfitta però venne a tutto vantaggio della "Coppa del Mare", perchè la casa di Mandello Lario, che aveva spesso snobbato la gara toscana proprio nell'intenzione di svilirne i contenuti nella sfida organizzativa con la manifestazione lombarda, questa volta arrivò a Livorno in forze, sia nella 500 sia nella 250, allo scopo di cancellare subito l'onta sofferta al Lario.
Contro lo squadrone Guzzi, forte di Tenni, Bandini ed Aldrighetti, la Bianchi schierava Dorino Serafini e Carlo Fumagalli, mentre la Rondine inviò a Livorno una sola moto per il giovane Amilcare Rossetti, fra l'altro, non schierata ufficialmente, ma sotto le insegne della Scuderia Maremmana di Grosseto. Lo schieramento delle 500 era completato dalla Miller del giovane Nello Pagani e dalla Ajs di Guido Cerato. Nella 250 nessuno aveva il coraggio di sfidare la Guzzi che monopolizzava così lo schieramento con Aldo Pigorini, Riccardo Brusi e Mario Ghersi. Ai piloti privati rimaneva pertanto solo la possibilità di mettersi in luce nella 350, dove spiccavano le presenze dei piloti di casa Ugo Chiesa con la Velocette ed il giovane Primo Leonini con la Norton della Scuderia Maremmana; la dinamica squadra grossetana fondata dal barone Giacomo de Rham schierava anche una seconda moto per il giovanotto romano Aristide Boccolini. Certo che tredici minuti di distacco fra la Guzzi 250 di Pigorini, e la Velocette di Chiesa che si era imposto nella tre e mezzo rappresentavano un vero, profondissimo baratro a fronte del quale era lecito chiedersi se valesse la pena mantenere in vita in Italia una categoria che le più piccole 250 regolarmente umiliavano ad ogni gara. Il fenomeno era però unicamente limitato al nostro paese, dove la categoria era stata abbandonata dalle case costruttrici, mentre non esistevano più neppure moto nazionali destinate ai clienti sportivi, quindi chi non si sentiva in grado di competere con lo strapotere degli ufficiali era in pratica costretto a rivolgersi, spendendo anche dei bei fogli da diecimila delle ben più pregiate lire dell'epoca, per acquistare delle macchine estere che poi venivano regolarmente ridicolizzate dalle 250 ufficiali italiane. Ma il decadimento della 350 era, come abbiamo detto, un fenomeno puramente italiano perchè in altre nazioni, Inghilterra, Germania e Svezia ad esempio, le varie Norton, Velocette, Dkw ed Husqvarna esprimevano ben altri valori di competitività.
Dei ventidue partenti, sempre troppo pochi per una gara come la Coppa del Mare, ben dodici riuscirono a finire la gara, oltre la metà benchè nell'occasione il percorso totale fosse stato portato a tredici giri, cioè 250 chilometri, contro i dieci giri degli anni precedenti, lunghezza fra l'altro limitata alle due classi maggiori. Anche il profilo del tracciato di gara era stato leggermente modificato: anzichè percorrere il lato nord-est della Rotonda dell'Ardenza se ne percorreva il lato sud-ovest dopo aver effettuato un completo dietro-front alla fine del rettilineo d'arrivo, per l'occasione diviso in due da una fila di separatori, girando intorno ad una boa conica, un tornante artificiale che in ogni modo non aveva una grande influenza sulla fisionomia generale del percorso visto che tale variante permetteva di eliminare la strettissima curva che dal vialone della Rotonda immetteva in Via della Torre (oggi Via A. Pacinotti). Il tracciato modificato riceveva giudizi contrastanti fra i vari piloti: Tenni, ad esempio, dichiarava di preferire il vecchio disegno, mentre Fumagalli diceva di apprezzare la novità, una novità che era stata fortemente caldeggiata dai responsabili dell'organizzazione, Tron e Giubbilei in testa, perchè avrebbe permesso al pubblico delle tribune di godere due volte del passaggio dei concorrenti, anche se mentre la precedente soluzione consentiva di ammirare i passaggi in piena velocità quella nuova offriva velocità più ridotte.
La lunghezza del tracciato veniva considerata invariata e probabilmente il nuovo disegno alla fine era più veloce del precedente, visto il notevole incremento delle medie fatto registrare in gara dai vincitori. Ad esempio nella 500 i record in gara appartenevano a Taruffi che li aveva ottenuti nella vittoriosa edizione del 1933, con 81,996 km/h sul giro e 80,490 sull'intero percorso di 200 chilometri; in questa occasione l'indiavolato Tenni aveva compiuto il giro più veloce a 87,378 km/h, il passaggio dopo dieci giri a 85,520 km/h mentre la media totale sui 260 chilometri fu di 85,076 km/h, con degli incrementi notevolissimi. Analogamente nella 250, dove i vecchi record dell'edizione precedente che appartenevano a Cavaciuti con la CF con 75,314 km/h sul giro e 74,020 km/h sulla distanza totale (soli otto giri), vennero frantumati da Pigorini che portò il record sul giro a 82,248 km/h e terminò i tredici giri della gara, cioè cento chilometri in più, a 80,624 km/h di media!
La gara di Omobono Tenni a Livorno fu un vero capolavoro: negli otto giri iniziali l'asso trevigiano abbattè in ben sette occasioni il "muro" dei 14 minuti, per stabilizzarsi poi, con un vantaggio ormai incolmabile, su un "passo" di quattordici basso e concludere con dieci minuti di vantaggio sul secondo, il compagno di squadra Giordano Aldrighetti. Il pilota milanese aveva anch'egli compiuto una gara strepitosa, ma contro un Tenni ispirato come quello di Livorno ogni impresa sarebbe sembrata insignificante: eppure Aldrighetti aveva girato costantemente su tempi intorno ai quattordici minuti e mezzo, superando così per undici volte su tredici giri il precedente record di Taruffi. Una gara splendida la sua quindi, anche se inquinata da un dritto nella parte di montagna che gli aveva fatto perdere un paio di minuti. La terza Guzzi, quella di Terzo Bandini, era probabilmente non a punto come quelle dei compagni; non si può spiegare altrimenti la gara del pilota forlivese, terminato ad oltre un quarto d'ora dal vincitore e quindi fuori del tempo massimo stabilito dal regolamento, così come fuori tempo massimo concludeva Amilcare Rossetti con la Rondine che, ricordiamo, era stata iscritta privatamente attraverso la Scuderia Maremmana, salvando così formalmente l'onore della Compagnia Nazionale Aeronautica che delle quattro cilindri era la costruttrice.
Scalogna nera invece per le Bianchi, attesissime dopo il successo del Lario: Dorino Serafini scattava velocissimo, ma non concludeva neppure il primo giro. Carletto Fumagalli, che portava al debutto la nuova moto dotata di telaio elastico, girava con buoni tempi ed era, alla fine dell'undicesimo giro, in terza posizione a poco più di un minuto da Aldrighetti, quando uno spettacolare ruzzolone lo metteva fuori gara. Ottimo pure il comportamento del giovane Nello Pagani con la Miller, costantemente in quarta posizione fino al settimo passaggio, quando al tornante della boa in fondo al rettilineo scivolava via e la moto finiva il suo volo sbatacchiando violentemente contro le robuste tamerici della Rotonda tanto care ai poeti labronici. Degli altri poco da dire, salvo il bel giro iniziale di Guido Cerato con la privatissima Ajs, ferma però già al terzo giro, e la prova di Nello Benelli con una Gilera strettamente da turismo in mezzo a tante macchine da corsa.
Nella classe 250 le tre solitarie Guzzi in gara non avevano problemi, ma la bella sfida portata da Aldo Pigorini alle sorelle di cilindrata doppia suscitò l'ammirazione del pubblico. Riccardo Brusi, brillante vincitore della Milano-Napoli, si classificava buon secondo a sei minuti da Pigorini, ad una media comunque molto superiore a quella del vincitore dell'anno precedente. In ombra invece Mario Ghersi, terminato fuori tempo massimo e sempre estraneo alla battaglia.
Così le sole emozioni per il risultato finale venivano dalla tanto vituperata 350, dove i primi tre viaggiavano per tutti i tredici lunghissimi giri separati da un pugnetto di secondi ed Ugo Chiesa si imponeva, fra gli applausi del pubblico di casa, per soli undici secondi su Boccolini, secondo, con il terzo Primo Leonini distaccato di meno di trenta secondi dopo 260 chilometri di gara. Guglielmo Sandri, che a Livorno portava in gara la CM 350, fu autore di una gara abbastanza scialba, dimostrando così che la crisi della categoria era appunto una crisi di moto italiane dopo i fasti dell'epoca Garelli e Bianchi.
Il regolamento prevedeva anche una classifica generale alla quale avevano accesso tutti i concorrenti arrivati anche se fuori tempo massimo dato che tale valore era funzione del tempo del vincitore di classe, classifica che si risolse in un pokerissimo di Guzzi ai primi cinque posti. Il Console della MVSN Ugo Leonardi, fresco eletto Presidente del RMCI, che era stato lo starter d'onore della manifestazione e ne aveva seguito attentamente le fasi, non potè alla fine che complimentarsi con Gino Giubbilei e tutto il suo staff per l'eccellente organizzazione della manifestazione. Sua Eccellenza Costanzo Ciano nell'occasione arrivò al circuito solo poco prima della conclusione della gara, in tempo però per complimentarsi con in vincitori, con particolare calore per la vittoria di Tenni.
Per il Campionato Italiano da Livorno si ripartiva con Aldo Pigorini già campione, mentre le classifiche della 350 e 500 erano ancora aperte e solo la quinta, ed ultima, prova di Pescara, la Coppa Acerbo, avrebbe consegnato ad Omobono Tenni e Biagio Nocchi le maglie tricolori.
Purtroppo per i piloti, sia motociclisti che a quattro ruote, in gara una settimana più tardi, non sarebbe stato possibile essere presenti a Livorno, nell'ambito delle celebrazioni dell'Estate Livornese, alla pantagruelica Cacciuccata organizzata per Ferragosto, come ogni anno, nel popoloso rione di Borgo Cappuccini, dove venivano distribuiti ai visitatori quintali della succulenta specialità livornese che per l'occasione aveva trovato anche un ispirato poeta che ne celebrava la ricetta in versi:
Per questo forte piatto livornese
qui la ricetta in versi voglio fare
perchè tutti la passano imparare
e il forestier la porti al suo paese.
Una cipolla tenera prendete,
un mazzetto d'odori e ben tritate
due spicchi d'aglio interi v'aggiungete
e con molta attenzione rosolate.
Allor che la cipolla di marrone
avrà preso la tinta, via togliete
gli spicchi d'aglio, e invece un peperone
con molti' pomodori metterete.
Cotta che sia la salsa, ed assaggiata,
al fin che il gusto sempre sia più fino
dopo averla di droghe ben dosata
versatevi due dita buon vino.
Lasciate ancora per un po' a bollire,
poi passate al setaccio e il ricavato
ponete ancor sul fuoco a ben finire
il sugo che dev'esser profumato.
Or per il pesce, che non tutto vale
a far che il piatto sia una rarità
un'oculata cernita, speciale
occorre far fra tante qualità.
Prendete pesci Preti oppur Caponi
qualche Boccaccia e poi scegliete apposta
gli Scorfani che sono molto buoni
due polpetti di bianco e un'aragosta.
Anche il Grongo va bene, e la Morena
che son pesci quasi senza spine,
la Tracina, che vive sulla rena,
e le Cicale se son coralline.
Mettete tutto (attenti a cominciare
dalle specie che han carne più tenace)
poi lasciate pian piano cucinare
al fuoco dolce, quasi sulla brace.
Quand'è ora di pranzo, se vorrete
far la pietanza ancor più saporita,
qualche fetta di pane abbrustolita
e un poco agliata preparar potrete,
poi versateci sopra l'ammezzato
Un piatto senza pari gusterete
e per quel giorno non vi arrabbierete
se troppa vino avrete tracannato.
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