Xa Coppa del Mare (15 Luglio 1934)
Se i resoconti della Coppa del Mare edizione 1933 lamentavano solo trentatrè piloti al via, nella gara del 1934, anch'essa valida per il campionato tricolore di prima categoria c'era da strapparsi i capelli perchè solo ventiquattro concorrenti si presentarono alla partenza, suddivisi in quattro categorie. Eppure in campionato si
trovava a metà strada e le classifiche erano sicuramente ancora molto fluide; non mancavano poi i consueti premi elevatissimi, per un totale di trentamila lire, e gli organizzatori si erano prodigati in pressioni verso case e piloti, allacciando contatti, purtroppo vani, anche con ottimi conduttori stranieri. La concomitanza con il Gran
Premio del Belgio aveva dato la mazzata finale, perchè tutti i migliori corridori internazionali si erano iscritti a Spa-Francorchamps, ma non c'erano giustificazioni chiare all'assenteismo dei migliori corridori nazionali da una prova del valore, anche economico a voler parlarci chiaramente, del circuito livornese. Come detto per l'occasione gli organizzatori livornesi avevano anche avviato e portato a buon fine interessanti trattative con celebrati assi stranieri per avere la loro presenza al
Montenero. Non si trattava solo di un'azione di facciata e di propaganda, ma una serie di sfortunate circostanze tennero lontani gli stranieri da Livorno ancora una Volta: l'asso irlandese Stanley Woods, che aveva dichiarato di voler fare la conoscenza diretta di questo "circuito stroncatore di macchine", era rimasto vittima di una caduta che lo avrebbe costretto all'inattività per tutta
la stagione, il tedesco Otto Ley, vincitore del GP di Germania con la Dkw era caduto in allenamento e doveva rinunciare, così come il compagno di squadra Hans Kahrmann, ed il francese Brooke aveva distrutto la sua Sarolea ufficiale la domenica prima del Montenero al GP di Svizzera e la casa non era in grado di approntare un'altra moto in tempo utile.
Ciò malgrado il percorso fu circondato dall'ormai consueta cornice di folla, favorita da uno splendido sole, anche se un forte vento, adattissimo per mitigare il caldo estivo, disturbava però i concorrenti, specialmente sulla parte alta del percorso e nel tratto che costeggiava il mare. E la folla non fu delusa, perchè i corridori
livornesi si comportarono tutti egregiamente e l'idolo locale, Federigo Susini al suo esordio in campionato con la nuova Bianchi, s'imponeva nella gara più importante, quella della 500 sulla quale si appuntavano gli sguardi di tutti gli spettatori, catalizzati dallo splendido spettacolo offerto da Susini, Fumagalli ed Aldrighetti sulle impegnative curve del Montenero, una battaglia che avrebbe portato solo le due Bianchi al traguardo
degli otto partenti nella classe regina, disseminando gli
avversari lungo il percorso, costringendoli al ritiro. Otto erano stati i piloti che avevano preso la partenza nella 500, con il Campione italiano in carica Giordano Aldrighetti con la Rudge della Scuderia Ferrari nel ruolo di favorito davanti alle due Bianchi ufficiali di Carlo Fumagalli e Federigo Susini in quello di sfidanti, mentre minori possibilità venivano concesse ai vari Garettoni con la Calthorpe, Colabattisti e Nazzaro con le Rudge,
Spaggiari e Boccolini con le Norton. Il ruolo della lepre se lo assumeva subito, all'abbassarsi della bandiera dello starter, Aldrighetti, che transitava alla fine del primo giro con otto secondi di vantaggio su Fumagalli e tredici su Susini, poi Colabattisti, Spaggiari, l'anziano ma sempre valido Garettoni, Boccolini e Nazzaro.
Al giro successivo ancora Aldrighetti piombava per primo sul traguardo con sei secondi d'anticipo su Fumagalli e quindici su Susini, ma il pilota della Rudge subito dopo il traguardo accostava al suo box per registrare la frizione che slittava, consentendo così a Fumagalli di iniziare il terzo giro al comando della gara. Purtroppo per il pilota di Enzo Ferrari, che proprio a Livorno qualche giorno più tardi avrebbe fatto il suo debutto, non proprio fortunato per la verità, con le quattro ruote, i problemi alla frizione
continuavano e, malgrado l'impegno profuso nella battaglia, veniva superato al quarto giro anche da Susini per poi arrendersi definitivamente alla fine dell'ottavo giro, quando Aldrighetti aveva un pauroso incidente perchè, fermandosi ai box per la frizione che continuava a slittare ed era quindi caldissima, un forte getto di
carburante lanciato sulla frizione per lavarla provocava un incendio che subito avvolgeva la moto e tutto il box. L'incendio violentissimo poteva avere conseguenze tremende perchè nessuno riusciva a spegnere le fiamme finchè non interveniva Amilcare Rossetti, il quale aveva già completato i sei giri della gara delle 175, che afferrava un sacco di sabbia e lo spargeva sulle fiamme iniziando così un'efficace opera di spegnimento. Scomparso dalla
lotta Aldrighetti nessuno era in grado di impegnare le due Bianchi: infatti Felice Nazzaro, al debutto nella Scuderia Ferrari, era tormentato da continui trafilaggi d'olio dalla testata che imbrattavano le candele, costringendolo a continue sostituzioni e quindi all'abbandono. Degli altri erano già scomparsi Boccolini per rotture del frenasterzo, Spaggiari per la rottura del tubo della
benzina e Garettoni per aver bruciato la frizione.
Ma le emozioni non si fermavano con l'incidente di Aldrighetti: infatti nello stesso giro Fumagalli si fermava sul percorso per sostituire una candela, cosicchè Susini assumeva il comando delle operazioni fra il tripudio degli spettatori e concludeva la gara con oltre un minuto e mezzo di vantaggio sul compagno di squadra Fumagalli un distacco tale che consentiva al Campione livornese
di terminare a passo d'uomo per godersi l'applauso dei concittadini. All'inizio dell'ultimo giro erano ancora in gara tre piloti, ma il terzo uomo, Colabattisti, si fermava per un guasto lungo il percorso proprio a metà del giro finale, cosicchè solo le due Bianchi portavano a termine la gara. Percentuale altissima di ritiri quello della classe maggiore, che instillava forzatamente il dubbio di una preparazione insufficiente ad una gara difficile com'era la Coppa del Mare, e questo non deponeva a favore
delle squadre. Per il bravo Carlo Fumagalli la candela del Montenero sarebbe costata a fine stagione il titolo tricolore, superato all'ultima gara per pochi punti da Omobono Tenni, assente con tutta la squadra ufficiale Guzzi a Livorno. Il successo della Bianchi arrivava dopo ben quattro anni di vittorie dall'industria straniera in riva al Tirreno, e la cosa non poteva certamente passare inosservata agli occhi dell'autorità politica e
della stampa sportiva.
I cinque piloti della 350 erano partiti insieme alla classe maggiore, ma la tre e mezzo non offriva in pratica alcuna emozione, dominate dall'inizio alla fine dalla Rudge di Aldo Pigorini che teneva a bada senza troppe difficoltà la Velocette di Mario Ghersi, eterno secondo a Livorno, mentre l'altra Velocetta di Ugo Chiesa, dopo essere state sempre in terza posizione pur nettamente
distanziata dai primi, spariva di scena all'ottavo, ed ultimo, giro per un guasto. Girotto gareggiava con una costante attenzione alla classifica dal campionato che lo vedeva come unico rivale di Pigorini, ma la tattica attendista non avrebbe dato a fine stagione i risultati attesi. Lo sfortunato Carrù terminava la sua corsa a
causa di una ferita ad una gamba dopo un urto contro un muretto sulle curve del Romito.
Anche la 250, con soli cinque piloti al via, non offriva grandi emozioni, con le posizioni già delineate al primo giro e praticamente inalterate fino al termine delle otto tornate previste. Celeste Cavaciuti con la CF si piazzava subito in testa seguito da lontano da Nello Pagani con la Miller, riproponendo così la sfida che vivacizzava l'intero campionato e che a fine stagione avrebbe visto il giovane Pagani prevalere sul rivale. Ma a Livorno fu Cavaciuti ad avere la meglio. Dietro il livornese Primo Leonini forava una gomma lungo il percorso al secondo giro ed era
costretto ad arrendersi, Michele Mangione si fermava invece al terzo giro e Gobetti ne seguiva il triste esempio un giro dopo, lasciando così campo libero ai due giovani avversari. Grazie alle noie al cambio lamentate da Pagani, Cavaciuti concludeva così senza patemi d'animo la gara senza neppure preoccuparsi dei tempi delle più piccole l75 che marciavano più veloci delle sorelle maggiori insieme con le quali avevano preso il via.
Erano sei i piloti al via delle 175 che riproponeva la sfida fra MM e Benelli, con Lama e Serafini in sella alle moto bolognesi e Bossetti ed Alberti con le Benelli mentre una terza Benelli era stata imprestata al livornese Giovanni Bientinesi, vincitore dell'edizione precedente, che però rimaneva al di fuori della Squadra ufficiale. Completava lo schieramento l'inossidabile
Alfredo Panella con la OMB. Il primo passaggio era elettrizzante, con la Benelli di Amilcare Rossetti e la MM di Dorino Serafini che piombavano sul traguardo affiancate e venivano accreditate dello stesso tempo; già distanziato di una diecina di secondi al terzo posto Bientinesi, che precedeva le moto ufficiali di Alberti e
Lama ed avrebbe conservato le posizione con sicurezza per tutta la gara. Al secondo giro si fermava Panella unico ritirato della sua classe che sarebbe così stata la cilindrata ad offrire il risultato d'insieme più concreto.
Serafini però aveva montato rapporti inadatti al tracciato e dopo il primo giro perdeva progressivamente terreno senza poter ostacolare il rivale che andava a vincere a tempo di record. Bientinesi concludeva terzo con la sua Benelli a prestito e precedeva così Alberti, che era stato vittima di una caduta, ma aveva potuto proseguire, mentre Lama infilava violentemente una
buca, schiacciando con la forcella anteriore il parafango a sfregare contro la gomma, un problema che causava numerose cadute al pilota faentino. La Benelli si prendeva così una bella rivincita per la sconfitta subita a Pesaro sul circuito di casa, due settimane prima dalla MM di Lama.
La Bianchi 500 vincitrice era la bialbero monocilindrica alla sua prima, vera stagione di corse dopo una lunga gestazione. La nuova moto nelle prime gare della stagione aveva sofferto la minore potenza rispetto alle bicilindriche Guzzi, ma sui tracciati tormentati come il Montenero, e come sarebbe stato al Circuito del
Lario in programma due settimane dopo Livorno dopo tre anni di sosta, appariva molto competitiva contro la bicilindrica che non riusciva a mettere a terra sulle cento e cento curve del tracciato la maggiore potenza. Ed infatti al Lario sarebbe stato Fumagalli ad imporsi davanti al compagno di squadra Mario Colombo, mentre
la terza Bianchi di Susini e lo squadrone rivale della Guzzi
sarebbero stati costretti al ritiro. A Livorno aveva presenziato alle gare anche il Console Ugo Leonardi, da poco nominato Presidente del Reale Moto Club d'Italia, che aveva passato in rivista i concorrenti prima del via insieme a Gino Giubbilei e Luigi Lodi-Focardi; lo stesso Leonardi aveva così potuto rendersi conto di persona come, ad un'ottima macchina organizzativa come quella livornese, si contrapponeva una penuria di concorrenti in gara che ne sviliva l'efficacia ed al suo rientro a Roma telegrafava cosi agli organizzatori:
"Sig Cav. Uff. Giubbilei ~ Moto Club Livorno. Voglia
gradire espressioni vivo compiacimento per magnifica
organizzazione Coppa del Mare. Nel 1935 la gara livornese dovrà avere partecipazione totalitaria nostri campioni. Presidente Motitalia - Console Ugo Leonardi".
Ma le feste per l'Estate Livornese non conoscevano soste, con il 12 agosto il gran ballo in mare, culminato in un grandioso spettacolo pirotecnico, e il successivo 18 agosto l'inaugurazione della stagione lirica al Regio Teatro Goldoni, dove andava in scena "L'amico Fritz" di Pietro Mascagni diretto dal maestro Ugo Benvenuti ed interpretato da Augusta Oltrabella nella parte di Suzel, Nino Bechelli in quella di Fritz Kobus ed Afro Poli nelle
vesti dei rabbino David.
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